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Le attuali sfide alla “società aperta”

di Michele Marsonet.

Penso sia lecito chiedersi cosa direbbe – se fosse ancora tra noi – Karl Popper circa la sfida che l’immigrazione incontrollata pone al suo celebre concetto di “società aperta”. Quest’ultimo, com’è noto, è fondato in modo addirittura essenziale sul principio di tolleranza, e per due buoni motivi. In primo luogo la nostra conoscenza è sempre fallibile, e ciò significa che, analogamente a quanto accade nella scienza, non possiamo mai essere sicuri di aver raggiunto lo stadio definitivo (o “completo”) della conoscenza stessa. La storia dimostra che ogni teoria è destinata prima o poi ad essere soppiantata da una teoria diversa, e la fase finale – quella in cui si dovrebbe raggiungere la completezza – resta un obiettivo che la nostra limitatezza non è in grado di raggiungere.
In secondo luogo, se dalla scienza passiamo agli ambiti dell’etica e della politica, il mondo umano è caratterizzato da un inevitabile politeismo dei valori, sul quale attirò l’attenzione Max Weber e, successivamente, Isaiah Berlin. Anche Popper infatti riteneva che l’etica non è una scienza, ragion per cui i valori ultimi non sono teoremi risolvibili con mezzi logici, bensì ideali di vita circa i quali le scelte sono inevitabilmente personali. Si può argomentare a loro favore, precisando però che essi non sono poggiati su basi certe, eterne e irrefutabili. Le argomentazioni volte a sostenerli presuppongono sempre un confronto franco e leale, al cui interno è vietato imporre agli altri credenze e convinzioni che non condividono. Ne consegue che, (1) la fallibilità della conoscenza umana e (2) l’impossibilità di derivare qualsiasi proposta etica da presupposti certi e non confutabili, costituiscono per l’appunto le uniche basi sulle quali la società aperta può reggersi.
Si tratta ovviamente di basi molto fragili, come la storia dei totalitarismi del secolo scorso dimostra. In altri termini, i sostenitori della società aperta devono trovare il modo di salvarla dalle pressioni di coloro che, convinti di possedere la Verità (rivelata dall’alto, oppure disegnata a tavolino da teorie utopiche), intendono scardinarla e costringere il prossimo ad adottare una forma di vita che promette la salvezza eterna. E non importa il modo per conseguirla. A volte sono i precetti di in un libro considerato sacro e pertanto non criticabile, in altre occasioni le promesse contenute in testi filosofici o economici.
Diventa quindi difficile – per non dire impossibile – difendere tolleranza e politeismo dei valori quando, a contestarli, sono individui e movimenti convinti di aver trovato la soluzione di ogni problema. In particolare quando si crede che tale soluzione provenga da una divinità che tutto sa e tutto prevede. Come si può contestarla, dal momento che i suoi precetti sono in grado di risolvere ogni problema, offrendo finalmente all’umanità intera l’opportunità di vivere in un ordine socio-politico giusto, e di conseguire la tanto agognata armonia tra città terrena e città celeste? A fronte di un simile risultato, l’imposizione dei propri costumi, la sottomissione anche violenta di chi non crede e addirittura le stragi diventano un passaggio indispensabile per conseguire non tanto “un”, ma “il” mondo migliore.
Possiamo trovare una risposta all’interrogativo posto all’inizio in un piccolo libro che Popper pubblicò poco prima della sua morte: “Cattiva maestra televisione”. Il contesto è diverso, giacché il filosofo in quel breve scritto tratta il tema della violenza nei mass media, e in particolare sugli schermi della TV. Non tanto diverso, tuttavia, da impedire il confronto con i problemi che ci affliggono oggi. Quando gli venne fatto rilevare il paradosso che un liberale come lui sostenesse la necessità di limitare la libertà di espressione, Popper rispose in questo modo: “Devo confessare che faccio fatica a capire queste obiezioni. Potrei aver voglia di esprimermi colpendovi con un pugno, ma è chiaro che non posso, non devo farlo. E’ forse antiliberale impedirmi di colpirvi? Perché dovrebbe essere antiliberale o paradossale per un liberale come me affermare la necessità di limitare la libertà? Ogni libertà deve essere limitata. Non esiste libertà che non abbia bisogno di essere limitata. Dovunque ci sia libertà, la miglior forma di limitazione è quella che risulta dalla responsabilità dell’uomo che agisce, se è un irresponsabile cadrà sotto i colpi della legge. Tutti quelli che invocano la libertà, l’indipendenza o il liberalismo per dire che non si possono introdurre delle limitazioni in un potere pericoloso qualsiasi, sono degli idioti”.
Popper propose quindi di istituire dei metodi di controllo, in base ai quali chiunque voglia fare televisione deve ottenere una sorta di “patente”. A ben guardare, il dilemma che dobbiamo fronteggiare oggi non è poi così distante. Predicare la necessità dell’immigrazione illimitata, sostenendo che chi chiede di stabilirsi nel nostro Paese (o in altre nazioni occidentali) dev’essere accolto senza “se” e senza “ma”, prescindendo da qualsiasi accertamento sul suo conto, è indice di superficialità o, addirittura, di irresponsabilità. E non importa quanto alte siano le cariche ricoperte dai promotori di questo approccio. Anzi, più sono alte, maggiori sono superficialità e irresponsabilità dimostrate.

E’ evidente che la società aperta, essendo basata come dianzi accennavo su basi preziose sì, ma anche fragili, ha il diritto di difendersi da chi la vuole minare dall’interno e poi abbattere. Se non si comprende un fatto così elementare, ciò significa che i partigiani dell’accoglienza illimitata e senza ostacoli sono – essi stessi – nemici della società aperta.
Secondo Popper, il risultato più importante cui la ragione può pervenire in campo etico, è quello di mostrare come l’etica non sia una scienza e come, conseguentemente, i valori ultimi non siano “teoremi”, ma proposte e ideali di vita, in merito ai quali ciascuno di noi compie una scelta personale. In altre parole, i valori ultimi si fondano solo su argomentazioni e sul loro confronto. I valori ultimi non si possono dimostrare né confutare razionalmente, ma solo accettare o respingere in base ad una personale e libera scelta di coscienza. Fallibilità della conoscenza umana e non derivabilità delle proposte etiche dalla logica sono, quindi, i due pilastri su cui si erge la società aperta. Essi consentono di immunizzare la società da presunte leggi ineluttabili e necessarie, e di edificarla per mezzo del confronto di opinioni non devono e non possono avere una fondazione assoluta. In caso contrario la società sarebbe chiusa all’interno di quella che, di volta in volta, si porrebbe come la sua fondata e, dunque, assoluta verità. Uno dei primi effetti di una simile impostazione è quello di sottrarre qualsiasi pretesa assoluta alla domanda “chi deve comandare?”: a nessuno, singolo uomo o gruppo di uomini, inerisce razionalmente l’attributo della sovranità. Pertanto, la determinante domanda politica che dobbiamo porci è, per Popper: “Come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che i governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno?”.
Come, in altri termini, uomini fallibili, portatori di idee fallibili, possono controllare altri uomini fallibili, portatori di altre idee fallibili, che momentaneamente governano la società? Per rispondere, Popper si spinge a fissare delle precise regole, funzionali alla trasposizione della democrazia dalla teoria alla pratica politica: a) in una democrazia, la maggioranza ha il diritto di governare ma, se non vuole trasformarsi in una tirannia, ha il dovere di lasciare alla minoranza la possibilità di attuare un cambiamento politico pacifico, divenendo maggioranza; b) in senso lato, sono possibili solo due forme di governo, fra cui siamo chiamati a scegliere: la democrazia o la tirannide; c) in democrazia deve essere possibile qualsiasi tipo di cambiamento politico, ad eccezione di quello che può mettere in pericolo il carattere democratico di uno Stato; d) in un regime democratico, la maggioranza protegge le minoranze, ad eccezione di coloro che dovessero incitare al rovesciamento della democrazia stessa; e) il controllo governanti-governati deve essere reciproco e costante poiché, in entrambi i gruppi, potrebbero insorgere tendenze anti-democratiche.
Non esiste pertanto alcun sapere assoluto, né nell’ambito della conoscenza della natura né in quello dei fenomeni umani e sociali. Hanno torto sia i positivisti che attribuiscono alla scienza poteri che essa non ha, sia i costruttori dei grandi sistemi filosofici i quali, per mezzo della pura ragione, pretendono di dedurre dalle idee la vera struttura del reale. Può sembrare, questa, una visione riduttiva e incapace di risolvere i problemi, ma Popper mette in chiaro che la vita altro non è che un continuo processo di apprendimento mediante prove ed errori. L’importante è mantenere un atteggiamento di totale apertura mentale, di “innocenza” nei confronti del mondo; di qui l’insistenza sul fatto che vivere significa proporre alla realtà circostante teorie, ipotesi, e dottrine, controllando senza posa – e senza alcun timore – la loro validità.
Occorre a questo punto chiedersi se lo stesso Occidente – ammesso che qualcosa di simile esista ancora – è in grado di difendersi. Difficile, poiché abbiamo da un lato la proclamazione di un’identità forte e proclamata senza dubbi di sorta. Dall’altro un’identità che, ancor più che debole, sembra smarrita senza molte speranze di recupero. Non vale ribadire alcuni punti di forza quali la separazione tra religione e politica, tra Chiesa e Stato, la pari dignità di uomini e donne, la libertà di espressione e di dissenso, la possibilità di rimuovere politici non più graditi mediante libere competizioni elettorali. In altre parole, i tratti della “società aperta”.
Per molti queste sono caratteristiche di un mondo decadente. Ciò che in realtà conta è recuperare una purezza perduta, garantita da un testo sacro emanazione diretta della divinità. A chi non concorda è lasciata solo l’opportunità della conversione e, in mancanza di questa, l’annientamento individuale o collettivo. Il problema è che noi siamo totalmente estranei a questo modo di pensare, e ci riesce difficile trovare modi per difenderci. Anche perché, come si è accennato in precedenza, la strategia di infiltrazione ha avuto grande successo e ci ritroviamo gli adepti della purezza nel cortile di casa.