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Quei segugi di Report: o di come al giornalismo italiano d’assalto siano serviti sei anni per stigmatizzare l’affaire Alitalia-Etihad…

Dagospia, 30 novembre 2020

Pensa un po’, oggi Report sarebbe pronto a svelare tutto sull’affaire Alitalia-Etihad. Su questo sito se ne parlava già il 9 agosto 2014 quando il fatto avvenne, quando i giornaloni avrebbero dovuto parlarne. Evidentemente per stigmatizzare i pessimi affari di Stato in Italia servono almeno 6 anni: il tempo necessario affinché il governo amico dia l’assenso alla stigmatizzazione… sic!

Forza Renzi, falli correre una volta ancora!

9 Agosto 2014

È tutto un tripudio balneare soddisfatto. Renzi, in piena eccitazione post primo-SI alla Riforma Costituzionale, giura che nessuno lo fermerà; Berlusconi, simile a una favolosa araba fenice che festeggia la milionesima risurrezione, rivendica il ruolo da protagonista nel partito e promette (o minaccia?) di tornare più bello e combattivo che pria; il ministro Boschi, forte della benedizione della Finocchiaro, starebbe prenotando un volo last-minute, destinazione IKEA… pardon, sconosciuta.

Dulcis in fundo, era solo ieri che i giornali renzisti festeggiavano la firma dell’accordo Alitalia-Etihad e scongiuravano il pericolo dello sciopero-pazzo nei nostri aeroporti, soffocati anche dall’afa estiva. Soprattutto, si starebbe celebrando la nascita di una nuova compagnia di bandiera più sexy: proprio quello che ci mancava! Non ci serve, infatti, una compagnia di bandiera in mani italiane, libera, indipendente, senza debiti e specialmente capace di evitare gli “esuberi necessari”, ma sexy, che fa più figo.

“Sarà un’azienda più sexy” avrebbe confermato il numero uno di Etihad James Hogan, e a dargli manforte facevano da colorito sfondo alle fotografie di rito seguite all’annuncio dell’accordo, diverse bellissime hostess orientaleggianti.

In primo piano, invece, oltre la faccia sorridente e soddisfatta dello stesso Hogan, si potevano ammirare i faccioni satolli di numerosi maschi nostrani, forse a far intendere che la nuova Alitalia non sarà solo una società sexy ma anche una company governata con le palle, con tutti i gioielli di famiglia al posto giusto e niente tette: crepa di invidia Michael O ‘Leary che la sua Ryan Air l’ha fatta crescere e prosperare solamente con un occhio attento alle spese, arrivando persino ad assumere assistenti di volo brutte come la morte, ma che il risultato lo portavano a casa!

Giorni prima erano state invece le parole di Mario Draghi, il presidente della BCE, a guadagnarsi un occhiello sui giornali di punta. Draghi ha parlato di Italia e di riforme da farsi pena la perdita della sovranità nazionale (una sorta di iperbole da estate fantozziana difficile da perdonare anche a un governatore di una banca centrale), e subito Renzi ha detto di trovarsi pienamente d’accordo con lui. Del resto Renzi é sempre d’accordo con chi ha un conto in banca con molti zeri, o è solo una mia impressione? Il dubbio, il sospetto che mi assilla é che le riforme di cui parla Draghi non siano proprio quelle burocratiche sulla cui realizzazione ha scommesso il suo esistere il governo renzista.

Dopo una vita spesa qui nella Terra Smeralda, dopo avere testimoniato e vissuto in pieno, in prima linea, il suo boom digitale prima e finanziario in seguito, posso dire che all’origine di quei boom non c’erano le riforme burocratiche di tipo renzista; tali attività si danno per scontate a queste latitudini, e senza troppe sceneggiate. Alla radice di quei boom c’erano invece incentivi economici sostanziali per le imprese americane che colonizzavano l’Irlanda, una generazione di ragazzi cosmopolita e preparatissima, un humus linguistico multinazionale senza rivali, un orizzonte d’attesa tecnologico e sufficientemente spregiudicato, una capacità imprenditoriale in grado di volare e di sognare che ha saputo fare una differenza.

Michael O’Leary in realtà è solo una, forse la più nota, delle tante storie di successo che si sono proposte come ciliegina importante sulla torta imprenditoriale irlandese degli ultimi venti anni. Una torta di una sostanza tale che ha permesso a questa piccola nazione di riprendersi dallo sboom post fallimento Lehman[1], anche con una certa velocità, e di adeguarsi alle necessità dei nuovi tempi con la serietà necessaria. Favole e sfavole sexy dei giorni nostri, a ciascuno la sua.

Tratto da BRUNDU R., “Diario dai giorni del golpe bianco“, 2017, Ipazia Books, Dublin.


[1] Lehman Brothers Holdings Inc., fondata nel 1850, è stata una società attiva nei servizi finanziari a livello globale. La sua attività si concretizzava nell’investment banking, nell’equity e fixed-income sales, nelle ricerche di mercato e nel trading, nell’investment management, nel private equity e nel private banking. Era uno dei primari operatori del mercato dei titoli di stato statunitense. Il 15 settembre 2008 la società ha annunciato l’intenzione di avvalersi del Chapter 11 del Bankruptcy Code statunitense (una procedura che si attua in caso di fallimento) annunciando debiti bancari per 613 miliardi di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi e attività per un valore di 639 miliardi. Si tratta della più grande bancarotta nella storia degli Stati Uniti. La società è ancora esistente, fino al completamento della procedura di bancarotta.