Filosofia dell’anima – Della parabola di vita “esemplare” di Matteo Renzi
Credo che ci siamo: adesso si può parlare di Matteo Renzi anche oltre il suo essere un mero animale politico. Sento che si può. Non si poteva farlo subito dopo il 4 dicembre 2016 perché a quel tempo, il NO tonante del popolo italiano arrivò quale sorpresa a Renzi, sì certo, ma anche a buona parte dell’immenso apparato mediatico, politico, di potere che aveva messo su, e coloro che lo avevano fatto vivere quel mostro non avevano alcuna voglia di sputtanarsi troppo, tutto e subito, dunque era strettamente necessario applicare la regola della difesa a oltranza dell’indifendibile. Peraltro questo è stato fatto, da quel tempo in poi, con ammirevole determinazione… con folle determinazione, si potrebbe aggiungere.
Naturalmente, nella vita arriva sempre il momento del redde-radionem. È uno dei pochi elementi che ci insegnano come la nostra esistenza sia qualcosa di più di un semplice nascere, crescere, arraffare, pappare, sco*are, gridare, morire. Il momento del redde-rationem arriverà anche per i Berlusconi di questo mondo, per i nani e per le ballerine che gli hanno sempre fatto da corte giuliva, che hanno prosperato alla sua ombra e che lo incensano tuttora, mentre magari ne sparlano alle spalle. Arriverà per i nani e le ballerine belluscalfariane che sono uscite di recente allo scoperto e, allegramente, hanno raggiunto i colleghi e le colleghe appena menzionate, arriverà per il signor De Benedetti che specula in Borsa, sembrerebbe, con disdegno del maggior bene comune. Arriverà per i ladri come per i buoni uomini, arriverà per i falsi, arriverà per i senza palle che tramano nell’ombra, arriverà per i diffamatori e per gli infidi. Arriverà per me e per te che mi leggi.
Per Matteo Renzi, d’altro canto, sono i giorni del redde-rationem politico, mediatico. Per la verità – è importante chiarirlo – questo particolare momento della “verità” non coincide con il vero momento della “verità” per la sua anima di cui parlavo nel secondo paragrafo, quello arriverà più avanti, nel suo giusto tempo che gli auguriamo sia il più lontano possibile se questo è ciò che desidera. Il momento della verità renzista di cui discuto ora è un momento per certi versi “secondario” quale può essere solo quel momento in cui mediaticamente, politicamente, professionalmente tutti ti voltano le spalle. Come dirlo in maniera più chiara, spiegando ad un tempo perché si tratterebbe di passaggio “secondario”? Perché un Renzi capace, un Renzi davvero in gamba, un Renzi saggio e diogenico, davanti a un Marchionne, o a un qualsiasi potentato a qualunque titolo, che gli volta le spalle adesso, dovrebbe dire solo una cosa: me ne fotto!, proprio come ha fatto di recente Eugenio Scalfari con Carlo De Benedetti, coniando una delle poche “perle” di vita che francamente mi sento di attribuirgli.
Il problema, invece, si pone (e per la verità si è sempre posto), a causa del fatto che Matteo Renzi non è uno spirito libero, men che meno un “animale politico”, capace di comportarsi così. È curioso, ma chiunque ami cogitare anche solo un poco, si accorgerebbe che è un tale piccolo “quid” che fa da trait-d’-union tra questo “momento della verità” di secondaria importanza per Renzi e quello più importante per la sua anima che arriverà nel giusto tempo. Per estensione, e paradossalmente, si può arrivare fino al punto di dire che se Renzi fosse sempre stato un uomo capace di dire “me ne fotto” ai Marchionne di questo mondo, ora non si troverebbe in questo momento particolarmente “buio” (neppure l’Italia), ma avrebbe dietro di sé un intero popolo, la parte migliore di quel popolo, a seguirlo.
Certo, la storia, neppure quella personale, si fa con i se o con i ma, però la domanda resta legittima: perché, pur mancante delle indispensabili “qualità” da vero leader di una nazione, Renzi è riuscito a prodursi in questa prova così funesta per lui e funesta per noi? No, la risposta giusta non è, a mio avviso, perché ha saputo sfidare il suo stesso destino e ha azionato, con demenzialità ammirevole un golpe bianco che resterà nella storia. La risposta giusta non fa neppure equazione con l’essere riuscito, questo signore, a profittare di un momento storico favorevole, nonché degli short-comings politici e civili di una intera nazione, dei nostri peccati di omissione atavici che conosciamo molto bene.
La risposta giusta deve essere necessariamente un’altra. Per onestà di metodo devo per forza scrivere che una possibile risposta giusta è sicuramente: perché ha potuto farlo. Quando scrivo che “ha potuto farlo” lo intendo in senso filosofico naturalmente, e sarebbe un concetto troppo complesso da discutere qui. Peraltro non voglio neanche discuterlo perché non mi piace, laddove per rispondere a questa occorrerebbe riprendere anche ad un’altra simile domanda: perché si manifesta il male nel mondo? Perché si è azionato il male nei campi di sterminio? Perché si può manifestarlo, perché si può azionarlo. Simili risposte mi fanno paura, lo ammetto. Sono esteticamente bellissime, civilmente bellissime (dato che non si può immaginare una libertà dello spirito più grande quale è quella di essere libero di azionare anche il male), ma il mio istinto le rifiuta.
La verità recita dunque che non conosco la risposta a domande così significanti. A dirla tutta al momento non mi interessa neppure scoprire per davvero perché la vita di Matteo Renzi abbia potuto essere così “esemplare” per tutti noi. C’è nella stessa un insegnamento? C’è un’etica? C’è un giudizio oltre quello politico, oltre quello miserando dei Marchionne di questo mondo? Non so neppure questo, lo spero, non per “farla pagare” a Matteo Renzi, non credo ci sia nulla da fargli pagare, ma perché voglio illudermi che ci sia una dirittura universale irreprensibilmente etica da seguire. Una dirittura che, per ovvie ragioni, non possiamo apprezzare completamente mentre ci troviamo invischiati nell’accidente mondano che la evidenzia, ma che potremmo capire meglio in futuro. Col maggiore calma, con una capacità di cogitazione più profonda.
Ciò detto, mi azzardo a suggerire al Matteo Renzi uomo, padre, marito, di non sentirsi troppo giù… Gli “amici”, o per meglio dire gli spiriti che ci sono maggiormente affini, che ci aiutano di più laddove più lo necessitiamo, non sono coloro che fingono di esserlo nel momento “facile”… Invece, sono sovente gli altri, quelli che spesso noi scartiamo, quelli che spesso noi ingiuriamo, quelli che un giorno potrebbero mostrarsi come i veri angeli splendenti di luce che ci hanno accompagnato per tutta una vita senza che mai ci accorgessimo di averli vicini.
PS Si sarebbe voluto continuare con questo discorso, ma purtroppo ciò che si legge anche in questi giorni a proposito di questo signore non depone a suo favore, difficile insomma cambiare le passate idee o prendersela troppo con chi lo abbandona in questo momento…
Rina Brundu