Sullo stile dei Kennedy e di Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis
Amo le biografie, sia in forma di libri che di documentari. Le considero la vera grande letteratura: quella che risulta così profonda ed esteticamente valida da renderne impossibile una qualsiasi resa artistica e scritturale, come a dire che per me il creato è il più grande novelliere, incomparabile, insuperabile. Amo le biografie e le vite esemplari, le vite che insegnano. Dire che una vita insegna non vuol dire che si stia raccontando la vita di un santo (anzi, proprio il contrario!), ma che si sta raccontando la vita di un qualcuno che ha saputo rendere la sua memorabile per infiniti motivi che, spesso, non hanno nulla a che vedere con la notorietà acquisita dal corpo che la fa essere. La maggior parte delle vite che insegnano, infatti, si sono estrinsecate nel silenzio, nell’anonimato.
Questo non è comunque il caso della vita di Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis. Ieri sera ho visto un film che era anche una specie di biografia che la riguardava. Non era un gran film e proprio per questo non ne riporto il dettaglio in questo contesto, ma nonostante il vezzo hollywoodiano d’antan del tentare di favolizzare le vite di dati personaggi, mi è servito molto. È stato proprio grazie a questa produzione che, in epoca di trumpismo e di renzismo, mi sono ricordata dei Kennedy, della politica dei Kennedy, dello stile dei Kennedy. Eh già perché lo stesso stile di Jacqueline Bouvier, la bellissima figlia di una socialite e di uno stockbrocker, non poteva essere messo in discussione da nessuno. Ed era talmente tanto evidente, sin dall’inizio, che Jacqueline non ebbe neppure alcuna difficoltà nel farsi accettare dal potentissimo clan dei Kennedy, anzi, il suo decano la adorava! Lo stesso JFK durante una loro visita transalpina in cui Jacqueline riscosse il maggior credito tra i francesi e con lo stesso generale Charles De Gaulle, ebbe a dire in un suo discorso: “Io sono solo l’uomo che ha accompagnato Jacqueline Kennedy in Francia”.
Insieme JFK e Jackie Bouvier hanno sicuramente costituito una coppia-politica unica! Certo, ieri sera, il film che ho visto dimenticava di accennare ai diversi scandali, anche strettamente inerenti alla vita domestica di John e Jackie (incluso il famosissimo affaire di lui con la Monroe), che hanno costellato anche la loro vita, ma parafrasando un famoso detto… sempre meglio un Presidente che si fotte una donna che uno che si fotte un Paese! E, purtroppo, noi italiani abbiamo sempre gli specimen che tentano di ottenere il doppio-risultato, no matter what! Dicevo di una coppia Bouvier-Kennedy unica, in tutti i sensi. Nell’indubbia potenza e capacità-politica che vantavano, ma anche nel merito. Vale a dire nel contesto socio-politico in cui si muovevano e che aiutavano a plasmare. Basti dire che questo mitico presidente americano dovette estrinsecare la sua amministrazione al tempo della guerra fredda, della crisi di Berlino del 1961, della corsa alla conquista dello spazio con l’URSS, dello sbarco nella baia dei Porci, della crisi dei missili di Cuba, di tutto ciò che avrebbe portato alla guerra in Vietnam e alla nascita dei movimenti per i diritti civili degli afroamericani, nonché alle grandi battaglie femministe e sessantottine in generale.
Naturalmente, le loro posizioni moderate i Kennedy le avrebbero pagate molto care: JFK fu il primo presidente americano a morire nell’esercizio del suo mandato (1963), mentre RFK, al secolo Robert Fitzgerald Kennedy, Bobby Kennedy, senatore dello stato di New York, nonché amato fratellino del presidente, sarebbe stato assassinato anche lui solo pochi anni più tardi, nel 1968. Neppure la vita di Jacqueline è stata tutta rose fuori e questo, paradossalmente, si evinceva anche dalla produzione minore che ho visto ieri. Fu Shakespeare che scrisse nel suo Enrico IV “Uneasy lies the head that wears a crown” (Giace scomoda la testa che porta una corona), che è un pò come dire che tutto ha un prezzo, anche l’anelare verso il potere ma soprattutto l’esercitarlo con dignità e nell’interesse del popolo, proprio il contrario di ciò che avviene nell’Italia renzista di oggi.
Insomma, rileggere (o rivedere) le biografie dei grandi “politici” (in senso lato) del passato, aiuta anche a capire quando sia importante trovare politici moderni e capaci di traghettarci nel futuro. Da questo punto di vista è mia ferma convinzione che – almeno sul fronte americano – la Casa Bianca sia certamente nelle mire di quel Mark Zuckerberg fondatore di Facebook, il quale pare puntare idealmente verso questo discorso ad ogni mossa mediatica che fa. Dato che l’ultimo paperone che l’ha avuta vinta in questo senso, i.e. Donald Trump, è perfettamente riuscito nel suo intento, non si capisce perché non dovrebbe riuscirci Zuckerberg: il denaro non gli manca ed è indubbio che a JFK gli somigli più lui, sotto qualsiasi punto di vista!
Rina Brundu