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Riflessioni sulla saggezza

sunset-473604_960_720Non ci dicono mai, quando nasciamo, quando cresciamo, quando andiamo a scuola, quando andiamo a lavorare, quando ci preoccupiamo del vivere, delle attività quotidiane, quando siamo presi dalle nostre cose, da tutte le nostre cose, dal cammino che abbiamo in mente di fare, che abbiamo pianificato, che poi nella vita arriva il momento di cambiare. Non sto parlando del taglio dei capelli, del cambio di casa, neppure delle tante altre circostanze importanti della vita, belle o brutte che siano, parlo di quel periodo in cui, chi vive abbastanza si ritrova a pensare che da un dato momento in poi, da certi giorni in poi, lui o lei sarà passato/a nella fase due della sua vita, mentre la prima se n’é già andata, via, per sempre.

Nel mio caso questa linea di demarcazione è durata un intero anno: il 2016! Un anno che non potrò dimenticare mai e che più il tempo passa più mi ricorda la cenere da dove rinasce la fenice, il letame dove nasce il fiore. Ne deriva che il primo gennaio 2017 arriverà con tante responsabilità sulle spalle: fare ancora meglio. Dico “ancora” non per autocelebrazione (anche se, proprio oggi dicevo a qualcuno di non uccidermi il mito dell’autocelebrazione “chi dovrebbe celebrarmi altrimenti? Alfano?”), ma perché, dato che sto profittando di questa cinquantina di giorni che ci sono prima della fine dell’anno anche per pensare, per riflettere su quel mio passato-esistere, mi sono infine accorta di avere vissuto fino ad oggi una vita meravigliosa: in tutti i sensi!

Che significa? Significa che io ho avuto l’opportunità di vivere a pieno, meglio ancora mi sono presa quella possibilità e oggi come oggi posso dire che non mi pento di nulla. Quasi di nulla, in realtà di qualche cosa mi pento: di una volta in cui mi sedetti quando un idiota mi disse di sedermi, di una sera in cui mi lasciai convincere ad uscire a cena con una stupida compagnia i cui discorsi mi annebbiarono il cervello ad un punto tale che a confronto i banchi di nebbia della Val Padana sono una modesta velina, e in qualche caso di avere trattato bene, anche aiutato, persone che non lo meritavano. Quest’ultimo peccato l’ho commesso in diverse situazioni ma ritengo che sia il male minore: di fatto noi dobbiamo rispondere solo alla nostra coscienza e come direbbe la Clinton: “When they go low you go high”, insomma, non ci si deve mai abbassare a dati livelli e bisogna sempre difendere la nostra etica e la nostra integrità, sempre, anche quando siamo in torto (può capitare). Per gli altri due peccati invece la colpa è appunto mia ma in realtà anche questa non è una vera e propria tragedia: più preoccupante, ritengo, è il fatto che in quella mia prima vita i peccati siano stati pochi e ormai è troppo tardi pure per rimediare su questo fronte.

Ma per me ciò che conta è ciò che deve venire: sono una che guarda sempre e solo al futuro, il passato mi sfiora come un cesto d’uva da cui di tanto in tanto rubo un acino: a volte lo scopro dolce, in altre occasioni mi rendo conto che lo ricordavo dolce ma era acido, a volte lo butto via senza rimpianti. È il futuro che mi interessa, anche durasse il tempo del respiro di una farfalla, mentre l’imperativo categorico di quel domani sarà: studiare ancora, imparare ancora, impegnarmi ancora, magari anche un “engagement” di tipo sartriano, perché no? Anche per questo si cambiano i blog, la sola auto-celebrazione non soddisfa l’anima, non la mia almeno che in quanto a scudisciarmi sono seconda a nessuno (del resto questo aspetto dovrebbe essere la caratteristica prima di ogni critico credibile!). Che poi, anche prima, quando dicevo che la mia prima vita era stata meravigliosa intendevo dire soprattutto che io, in quella, avevo avuto la possibilità di imparare tanto: ma tanto davvero. Di vivere mondi incredibili, da ricordare, un giorno, magari in una autobiografia (autocelebrativa?), perché a loro modo valgono davvero la pena.

L’incredibile – ecco, sì, proprio da questo derivava la mia maggior sorpresa quando riflettevo sulle dinamiche di quella vecchia prima vita – è che tanto, ma proprio tanto me l’hanno insegnato personaggi a cui non do neppure adesso credito di un IQ60, che disprezzo profondamente nella loro spiritualità inesistente, nel loro anelare mondano, nel cancro malato che alberga nella loro anima, nel loro esistere più che vivere, nel loro essere, a mio avviso, tutto l’opposto di ciò che è, o dovrebbe essere saggio… Di ciò che è o dovrebbe essere knowledgeable…. di ciò che mi interessa.

Rina Brundu