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Di Putin e della destra europea

di Michele Marsonet. In molti ambienti desta sconcerto il fatto che Vladimir Putin intrattenga rapporti preferenziali con numerosi partiti europei che si definiscono tradizionalmente come “destra”, e tenda invece a snobbare - per usare un eufemismo - quelli di sinistra (o presunti tali). Lo stesso vale per la stampa, come ho già notato in precedenti articoli. Per leggere commenti equilibrati sul dramma ucraino è meglio lasciar perdere “Repubblica” o “Fatto quotidiano” e verificare quanto viene scritto in giornali conservatori o addirittura reazionari.

Com’è possibile? Putin non è forse l’erede diretto dei vecchi leaders della defunta Unione Sovietica? E pure un funzionario di alto rango dell’ex KGB? Per chi è rimasto fermo a contemplare un mondo che non c’è più lo sconcerto è ovviamente giustificato. Ragionando secondo categorie tradizionali, l’URSS era il Paese che si contrapponeva in modo diretto all’imperialismo americano e sosteneva le lotte di liberazione dei popoli in tutto il mondo. Naturale quindi considerare l’attuale Federazione Russa come continuatrice – per quanto con mezzi assai più limitati – di tale politica.

La realtà e la storia, tuttavia, cambiano con ritmi spesso così rapidi da causare disorientamento, e in tal senso il caso in questione è emblematico. A mio avviso occorre tener conto di due fatti di rilevanza estrema.

In primo luogo, e nonostante l’opinione contraria di Barack Obama, la Russia è tuttora una grande potenza. Lo è dal punto di vista militare, visto che può permettersi di inviare i propri aerei da guerra a rasentare (e pare, talvolta, sconfinando) lo spazio dei Paesi che appartengono alla NATO. Mosca non ha insomma paura di sfiorare lo scontro aperto, lasciando nel caso agli altri l’onere di provocarlo.

Lo è anche sul piano economico grazie alle immense risorse energetiche naturali e a un apparato industriale tuttora notevole. Siamo ben lontani dalla caratterizzazione – per la verità un po’ sciocca – che ne ha dato l’attuale Presidente USA, secondo il quale la Russia stessa sarebbe “un Paese che non fa niente”. E infine lo è a livello culturale, campo in cui esercita una notevole attrazione anche perché la sua lingua continua a essere veicolare in molte altre nazioni.

In secondo luogo ho l’impressione che i russi (come del resto i cinesi) abbiano rispetto all’Occidente una maggiore consapevolezza del pericolo estremo posto dal radicalismo islamico, tendendo quindi ad appoggiare coloro che a Ovest la pensano nello stesso modo.

Last but not least, la Russia ha alle spalle una tradizione imperiale che non è mai morta, nemmeno nel periodo sovietico quando fu travestita con panni ideologici. E neppure è disposta a tollerare che le minoranze russofone, in alcuni casi assai consistenti, vengano vessate quando si trovano al di fuori dei confini della Federazione.

Ebbene, si dà il caso che, in Europa, i partiti politici in sintonia con Mosca siano per la maggior parte di destra, e che proprio per questo vengano appoggiati anche finanziariamente. E’ così per il Front National di Marine Le Pen in Francia e per l’Unione Civica di Viktor Orban in Ungheria. E pare che ora tocchi alla Lega (Nord ormai solo di nome) di Matteo Salvini in Italia. Si tratta di formazioni politiche nettamente anti-UE, ed è noto quanta irritazione susciti a Mosca l’appiattimento europeo sulla politica estera USA nella vicenda ucraina.

Tutto questo può destare scandalo, ma diventa ragionevole se si comprende che i russi stanno soltanto difendendo i loro interessi nazionali. E in certi casi – faccio l’esempio della lotta al terrorismo – basta poco per capire che i loro interessi in fondo dovrebbero coincidere con i nostri.