Su alcuni “problemi” della fisica quantistica

di Michele Marsonet (Università di Genova).
Il fisico italiano Carlo Rovelli, che ora insegna all’Università di Marsiglia, continua la sua opera di alta divulgazione che lo ha ormai reso un personaggio anche televisivo, come dimostrano i siparietti che spesso gli dedica Maurizio Crozza nelle sue trasmissioni. In quel contesto Rovelli fa la figura dello scienziato con la testa nelle nuvole, che non riesce a spiegare con parole semplici le sue teorie.
Nel suo ultimo libro “Sull’eguaglianza di tutte le cose” (Adelphi, 2025), subito diventato un best-seller, Rovelli affronta di petto i problemi – o, ancor meglio, i misteri – della fisica quantistica la quale, com’è noto, non possiede ancora un’interpretazione standard su cui tutti concordano. Al contrario, il dibattito è tuttora apertissimo e non promette di chiudersi in tempi brevi.
La scienza (e soprattutto la fisica) del Ventesimo secolo ha modificato in profondità la nostra comprensione della realtà, e siamo molto lontani dal poter affermare che tale realtà abbia un senso compiuto (e forse, sostiene Rovelli, ciò non accadrà mai). Nonostante questo, è proprio grazie alla fisica quantistica che il pensiero è per la prima volta libero di percorrere strade veramente ignote.
Lo scienziato italiano coltiva con grande abilità questa sorta di shock permanente, fatto di stupore e vertigine, e si muove fra gli abissi speculativi della relatività quantistica, senza paure o esitazioni. Il “fondo”, che scienziati e filosofi ricercano con passione, secondo Rovelli non esiste. Afferma infatti che “elettroni e mente, sassi e leggi, giudizi e galassie non sono di natura essenzialmente diversa gli uni dagli altri. Sono nozioni che si illuminano a vicenda”.
Il mondo in cui viviamo è quindi un continuo “gioco di specchi”, e per comprenderlo in tutta la sua complessità, per vederne la coerenza e sentire che è la nostra casa, bisogna fare un salto ulteriore e accogliere l’incertezza che è al cuore della conoscenza, quella che porta alla “eguaglianza di tutte le cose”. Come il personaggio di un racconto del Zhuangzi, che dopo aver sognato di essere una farfalla svolazzante e soddisfatta della sua sorte non sa più se è stato lui a sognare la farfalla o è la farfalla a sognare lui.
Che dire, a questo punto? Appare sempre più datata l’interpretazione della scienza moderna offerta da positivisti e neopositivisti, con la loro visione tipicamente scientista del mondo circostante. Da rivalutare invece l’approccio di Friedrich Nietzsche, che i positivisti hanno sempre ritenuto estraneo alle problematiche scientifiche.
In realtà il filosofo tedesco aveva una visione prospettica assai attuale, secondo la quale non disponiamo di alcun punto di vista privilegiato per accostarci alla realtà. Ne consegue che l’antico sogno dei filosofi di giungere alla “cosa in sé”, ovvero al fondo vero delle cose, è solo un’utopia irrealizzabile.
E per quali motivi? Semplicemente perché noi abbiamo un apparato sensoriale e cognitivo molto limitato, che ci consente di attingere solo alcuni livelli della realtà e non altri (e, comunque, mai tutti). In altri termini, non c’è un’unica descrizione che ci rappresenta, e dobbiamo finalmente comprendere che le interpretazioni possibili sono tante. Ragion per cui occorre sempre considerare con grande attenzione quelle sostenute dagli altri.
La realtà è insomma sempre plurale e non si lascia ingabbiare entro schemi rigidi. Tutto, inclusi noi stessi, è correlato al resto della realtà al punto che, come notò Werner Heisenberg, non si può tracciare una linea di confine netta tra l’io e il “noi” (il mondo).

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