Sul giorno della memoria

di Michele Marsonet.
Cito alcuni passi tratti dalla celebre opera di George L. Mosse “Le origini culturali del Terzo Reich”: “Nella Germania di fine ’800 il Volk rappresentava il veicolo tangibile della forza vitale che s’irradiava dal cosmo… L’anima umana poteva porsi in rapporto con la natura, dal momento che anche questa era dotata di un’anima, e ogni individuo poteva, di conseguenza, istituire con la natura un’intima corrispondenza condivisa con tutto il suo Volk… In ultima analisi, però, il Volk non aveva dimensioni universali, limitato com’era a una particolare entità nazionale. Pertanto, a conferirgli il suo carattere, la sua potenzialità e la sua unità, non erano tutte le manifestazioni naturali, bensì soltanto quelle regionali. La natura era definita in termini di paesaggio, cioè di quei tratti dell’ambiente circostante peculiari e familiari ai membri di un Volk ed estranei a tutti gli altri… Non nell’ambito della città, ma nel paesaggio, nella campagna indigena, l’uomo era destinato a fondersi e a radicarsi nella natura e nel Volk. E soltanto attraverso questo processo, che aveva luogo nell’ambiente natio, ognuno sarebbe stato in grado di esprimere se stesso e di trovare la propria individualità”.
Sono parole pregnanti ed estremamente significative. Notiamo innanzitutto l’identificazione di un popolo, e di un individuo in quanto parte di un popolo, con un ben preciso territorio. Ogni territorio, a sua volta, diventa un unicum, dotato di una sua ben precisa anima. Il paesaggio, i fiumi, le montagne di un preciso contesto territoriale danno forma all’anima dell’individuo e del popolo, in un inestricabile legame di terra e sangue. Chi non ne fa parte, chi non ne è inserito sin dalla nascita in quel paesaggio, non può partecipare all’afflato che da esso emana. Il legame tra terra e sangue costituisce un legame indissolubile, cui gli estranei, gli stranieri, non possono partecipare.
Dal momento che l’elemento essenziale era il legame dell’animo umano con il suo ambiente naturale, con la “essenza” della natura, le verità fondamentali erano ritenute reperibili al di là delle apparenze. La natura dell’animo di un Volk è determinato dal paesaggio natio.
E gli ebrei? Anche donne e uomini ebrei nascono in un ben preciso contesto territoriale. Anch’essi crescono tra le stesse montagne e gli stessi fiumi. Anch’essi, verrebbe spontaneo pensare, partecipano allo spirito del luogo. Eppure no, secondo questo modo di vedere il mondo e di concepire i rapporti tra individuo e ambiente circostante, gli ebrei sono inesorabilmente e irrimediabilmente “diversi”.
Gli ebrei, da popolo del deserto quali sono, andrebbero considerati gente superficiale, arida, “secca”, incapace di profondità e del tutto mancante di creatività. Proprio a causa della nudità del paesaggio desertico, gli ebrei sarebbero un popolo spiritualmente arido, in netta antitesi con i tedeschi i quali, figli delle cupe foreste ammantate di nebbie, sono invece profondi, misteriosi, reconditi. Aspirano al sole e sono uomini della luce, al contrario degli ebrei.
Tutti sappiamo che si tratta di speculazioni teoriche senza fondamento. Eppure, sono proprio queste speculazioni ad aver costituito il sostrato culturale di base della situazione che poi condusse all’Olocausto. Naturalmente l’antisemitismo o antigiudaismo ha radici assai più antiche. C’è l’accusa di deicidio rivolta agli ebrei dalla Chiesa, base della loro perenne condanna. C’è l’accusa di stampo economico, usura e poi monopolizzazione delle risorse finanziarie. Ma i ghetti, perfino i pogrom nella Russia zarista e in parte dell’Europa orientale, non sono paragonabili all’Olocausto. Cosa si può fare affinchè la memoria non si tramuti in oblio? Cosa possiamo fare per contrastare le tesi revisioniste, oggi purtroppo popolari in certi ambienti? Come combattere coloro che negano l’evidenza?
Quello ebraico non è un popolo come gli altri. Sradicati sin dall’antichità dal loro territorio, gli ebrei rifiutano con pervicacia un’assimilazione culturale che li farebbe fondere con gli altri. Sono gelosi della loro cultura, delle loro tradizioni, che pur contribuiscono ad arricchire la cultura degli altri. E questo è un peccato imperdonabile. Come del resto hanno evidenziato le ultime vicende, che hanno chiarito quanto l’antisemitismo sia ancora diffuso.

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