Jannik Sinner rinascimentale e su Alexander Zverev – Pillole di filosofia quantistica

di Rina Brundu Eustace.
Premetto, una volta di più, che per meglio comprendere questi articoli di filosofia quantistica occorre una formazione relativa e non si può fare senza. Per quanto mi è dato sapere, questa tipologia di studi non esiste in Italia, certamente non esiste a livello tecnico (la filosofia quantistica si fa sul lato tecnico di una notevole conoscenza delle dinamiche e delle leggi che governano la fisica quantistica), ma da qualche parte occorre cominciare onde rimuovere la spessa scorza e patina prodotta dalla superstizione di tipo religioso, ragion per cui, quando possibile, qualche pillola di filosofia quantistica adattata alla contingenza spazio-tempo culturalmente connotata la pubblichiamo. Peraltro di questa sorta di OBE* sui generis che ebbi circa un anno fa e che riguardava Jannik Sinner ne ho già scritto da qualche altra parte. Mi accade spesso, quando mi occupo di un dato studio di avere degli OBE relativi che mi aiutano a capire dati meccanismi. Questo particolare OBE lo ebbi circa un anno fa, quando già seguivo con molta attenzione l’ascesa mirabile di Sinner. Una notte sognai (ma, appunto, la visione era più chiara di una mera esperienza onirica), quelli che non ho dubbio alcuno nel definire i dettagli di una vita precedente di Jannik Sinner. L’impressione è che si fosse nell’Italia rinascimentale, nelle zone della Toscana o comunque del centro Italia. C’era una grande casa di cui non riuscivo a scorgere la sagoma completa, ma ne distinguevo il portico su cui sedeva un ragazzino. Ricordo di averne intravisto il viso bianco, il sorriso solare. In qualche modo sapevo che quel bimbo non poteva muoversi dal luogo in cui si trovava, forse un impedimento fisico, quasi certamente una malattia. Il bimbo però giocava; aveva una palla che lanciava nel cortile davanti a lui. L’impressione è che si allenasse a tirarla in punti obbligati, e che dunque si allenasse a centrare diverse zone del cortile. Al risveglio restai parecchio perplessa e nei mesi successivi ho rimuginato a lungo su quella particolare visione onirica. Grande fu infine la mia sorpresa quando mi ritrovai Sinner vestito da italiano rinascimentale in occasione del Six Kings Slams tenutosi in Arabia Saudita, l’anno scorso, un contest peraltro stravinto con autorità dal campione altoatesino. Quella mia particolare esperienza non fu comunque l’unica, mentre tutte le mie esperienze nel loro complesso mi hanno portato a concludere che Sinner è un predestinato. Da una prospettiva quantistica questo elemento è importantissimo perché ci aiuta a meglio comprendere come diviene e come si perfeziona il percorso di apprendimento della coscienza incarnata: lungi dal fare affidamento sulle notevoli proprietà dell’higher-soul, il risultato dell’esperienza spazio-tempo è determinato dalla volontà e dalla possibilità-di-poter-fare che riusciamo a manifestare o che si manifesta in virtù di tutte le altre infinite possibilità che potremo manifestare o che potrebbero manifestarsi (ricordiamo infatti che siamo in ambiente quantum e dunque probabilistico). Tuttavia, queste sono tecnicalità che possono interessare gli appassionati di filosofia quantistica e dei suoi tecnicismi, in questo contesto è forse meglio concentrarsi sulle innumerevoli possibilità di insegnamento etico (operativo?) per i tanti, per i gruppi e per le comunità, che questa predestinazione del singolo porta seco.
Per esempio, ho già scritto anche in passato di quanto il seguire l’ascesa di Sinner mi abbia portato a riflettere con maggiore attenzione su tanti fattori che aiutano una miglior definizione delle possibilità di crescita effettiva della nostra coscienza incarnata, con la resilienza che prende center-stage perché questa è senz’altro la miglior virtù di Jannik Sinner. Sinner ha portato il codice-resilienza a livelli mai visti prima. Una delle molte partite di Sinner che è di fatto un vero e proprio inno alla resilienza è stata senz’altro quella di pochi giorni fa contro Ben Shelton (7-6, 6-2, 6-2); si tratta di un match che – da questo punto di vista – surclassa finanche la finale di ieri, laddove Sinner non ha concesso neppure un break-point a Zverev. Stiamo parlando insomma di un incontro di tennis che andrebbe analizzato e studiato non solo nei manuali sportivi, ma finanche nei manuali gestionali delle company, dato che per certi versi l’insegnamento “operativo” prodotto “per i tanti, per i gruppi e per le comunità” ha la stessa valenza delle lezioni di vita impartite in testi quali L’arte della guerra di Sun Tzu o nel capolavoro rinascimentale Il Principe di Machiavelli. E il cerchio si chiude.
In realtà, il cerchio è lungi dall’essersi chiuso e su questi argomenti ci si potrebbe scrivere un intero saggio. Dato il tempo limitato, preferisco riportare in questa occasione un’altra perla quantistica mirabile che ci ha regalato la finale dell’Australian Open 2025. Naturalmente, parlo del momento in cui durante il suo discorso di chiusura un mesto Alexander Zverev ha detto: “I am just not good enough”, ovvero “Non sono bravo abbastanza”. Finanche il pubblico lo ha contestato. Zverev è uno dei migliori tennisti in circolazione, ma in quel momento non riusciva a vedere quella sua qualità. La differenza con Sinner? È data dal fatto che il predestinato, il resiliente Sinner non avrebbe mai detto di non essere bravo abbastanza, quanto piuttosto che “C’è ancora spazio per migliorare”. Questa è la resilienza, ed è più facile scriverne che saperla fare propria, gestirla come si conviene. Master Sinner, nel corso della lunga storia della sua higher-soul, è riuscito in questo intento, ed è ormai chiaro che in questa sua attuale possibilità-incarnata ha deciso di dimostrarci come funziona quest’altro trucco dell’arte del vivere. Non ci sono neppure dubbi sul fatto che se anche uno solo tra tutti noi riuscisse a farlo proprio tale “trucco”, e a utilizzarlo per il maggior bene comune, la coscienza-incarnata Sinner avrebbe ottenuto una vittoria ben più importante di qualsiasi vittoria sportiva. E oggettivamente credo che ci siano tutte le condizioni per affermare che… a questo mirava. A buon intenditore poche parole.
*Out of Body Experience.


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