Filosofia quantistica – Il problema del dolore della madre di Annalaura

di Rina Brundu Eustace.
So che nulla accade per caso, ma francamente non ho la più pallida idea del perché stia pubblicando questo scritto. Sono anni di lavoro e di intenso studio, di viaggi di studio, e il corpo – specialmente la vista – ne risultano fortemente indeboliti. Inoltre, sono tempi in cui preferisco guardare alle cose irlandesi piuttosto che all’Ogliastra. Tuttavia, dopo avere dato un’occhiata all’odierna pagina ogliastrina de L’Unione Sarda, eccomi qui. L’occhiata al giornale è stata incidentale; purtroppo anche quella pubblicazione non è più la stessa che leggeva quotidianamente mio tziu Luisu cinquanta anni fa. L’Unione moderna – in linea, peraltro, con la deriva ormai senza ritorno della stampa di tipo tradizionale – è un mero riflesso dell’azione politica dettata dal partito (politico o di business) di riferimento, qualunque esso sia. Le pagine interne, tra le quali dovrebbero trovare spazio i molti patemi sofferti dalle regioni remote dell’isola, sono diario giornaliero dedicato a citare le illuminate parole (si fa per dire) del sindaco qui, del vicesindaco là, con un qualche excursus per ricordare l’ennesimo centenario che suo malgrado ha avuto l’ardire di arrivare a quell’età. Io che di centenari sardi ne ho conosciuti e intervistati parecchi nel secolo scorso, non ho dubbi nell’affermare che molti tra loro sarebbero stati ben felici di prendere la torta, la candelina (accesa) e di infilarla su per il dere*tano di qualunque redazione, inclusa questa, ma anche di tutti quei marpioni che, a vario titolo, alcuni tirando in ballo la ricerca, ci campano sulla veneranda età dei nostri progenitori. But I am digressing… si direbbe qui…
Dicevo della piaggeria che la vince tra le pagine dei giornali. Un tocco di piaggeria lo notai anche la scorsa estate quando le testate sarde diedero nota del drammatico incidente che a Tortolì costò la vita alla piccola Annalaura Pilia. Mentre mandavo un bacio ad Annalaura, la quale evidentemente aveva esaurito i compiti che era venuta a terminare su questa terra, non riuscivo a non pensare ai tanti ragazzi ogliastrini (e non) che erano pure passati ad altro stato dell’Essere in situazioni altrettanto drammatiche, ma che erano stati dimenticati molto più in fretta, e senza che le attività dei vari consigli comunali ne risentissero più di tanto. Odio la piaggeria, l’allettamento per ragioni politiche e/o comunque interessate, e forse fu anche per questo motivo che scordai altrettanto “in fretta” il caso di Annalaura, finanche la stessa Annalaura, un qualcosa che di norma non mi sarebbe mai accaduto. Certo, poteva anche essere che la mia impressione sull’indirizzo mediatico del caso fosse sbagliata, ma quella era l’impressione e con essa la mia essenza incapace di accettare compromessi doveva fare i conti. Poi oggi ho letto la notizia della scomparsa – per dolore, immagino – della madre della piccola. Quest’ultima informativa, lo confesso, non sono riuscita a processarla, metterla da qualche parte nello scantinato della mente, onde muovere velocemente oltre. Sì, perché ciò che accade spesso e volentieri, è che la piaggeria, il dolore mediatico, il lutto di maniera, nasconde il dolore vero, quello intenso, quello patito dai genitori in questo caso, dalla famiglia più stretta, dalla madre di Annalaura.
Non ho dubbi che adesso madre e figlia siano insieme (anche perché la cosiddetta morte non esiste, esiste piuttosto un ritorno all’originale stato energetico dell’Essere); così come non dubito che se anche la madre ha dovuto lasciare la nostra dimensione materiale, ciò è occorso perché pure lei aveva esaurito il suo compito. Nessuno va via prima del suo tempo, nessuno si trascina oltre il tempo concesso. Il “problema del dolore della madre di Annalaura” non è dunque un problema che riguarda chi va, piuttosto riguarda chi resta; ovvero, riguarda tutti coloro che, avendo subito una perdita molto dolorosa (quale perdita non lo è?), – un grave lutto si diceva in passato – debbono trovare una ragione valida per andare avanti. Tre anni fa, io mi sono occupata della prima ricerca condotta in Ogliastra, forse in Sardegna, sul fenomeno degli NDE (Near Death Experiences), e dunque so benissimo quanto sia difficile affrontare dati argomenti nelle nostre zone. Per la verità, la problematica non riguarda la sola Ogliastra, o la sola Sardegna, ma anche il resto della penisola italica, una terra in cui le pratiche cargo cult, dunque le pratiche legate alla superstizione di tipo religioso la vincono ancora, finanche in contesti che fanno il boasting di grande erudizione o di approccio rigorosamente scientifico alla realtà tridimensionale. Di fatto, fu proprio questo status-quo uno dei motivi per cui non mi occupai della traduzione in italiano del saggio Quantum Philosophy (2021); mi sembrava uno sforzo inutile, comprendevo che all’Italia ingolfata dentro lo spiritismo di tipo cattolico sarebbero occorsi diversi secoli prima del raggiungimento di un awakening collettivo. Non penso neppure di essermi sbagliata rispetto a questi aspetti, basti pensare che solo alcune settimane fa su giornali come il Corriere della Sera – dunque su pubblicazioni nazionali che dovrebbero avere responsabilità di tipo educativo – leggevo titoli che inneggiavano al cosiddetto “dio biblico”, al cosiddetto “giubileo” nella Bibbia, and so on and so forth. Ad addolorare non è dunque solo il perseverare con questo tipo di argomenti, ma anche l’ignoranza che permea tali “notizie”, laddove una buona indagine di tipo filologico sarebbe sufficiente per comprendere tutte le ragioni molto umane per l’esistenza del dio biblico… But, I guess, I am digressing again… si direbbe qui…
Resta il fatto che, tra le tante pillole di saggezza che offre la filosofia quantistica, vi è anche quella che raccomanda un saper guardare dentro la nostra sporta prima di criticare quella degli altri. Se anche alle nostre zone servissero molti secoli per arrivare alle attuali determinazioni del cosiddetto primo-mondo in merito a questi argomenti, ciò significa soltanto che così è perché così deve essere. Il progresso di qualsiasi tipo – tecnologico, civile, ma finanche mentale – si può fare solo un passo alla volta. Detto altrimenti, ciascuno di noi, nel suo piccolo, deve fare ciò che può, il resto sono dettagli che vivono comunque fuori dalla nostra zona di competenza. Questo per dire che io quel testo avrei dovuto tradurlo comunque e avrei dovuto lasciare al fato le altre preoccupazioni. Mi riprometto dunque di fare quel passo, di tradurre Quantum Philosophy, di raccogliere altre esperienze quantistiche, di allargare la ricerca, magari di dedicarla ad Annalaura e alla sua mamma – che in qualche modo mi pare abbia ispirato questo scritto, oggi – chissà che così facendo non si possa dare una mano a curare il dolore intenso di qualcun altro in un futuro prossimo; quel tipo di dolore intenso che, certamente, ha contribuito a facilitare il passaggio della madre di Annalaura in queste ore. Intendiamoci, conoscere e comprendere le profonde ragioni della filosofia quantistica, dunque della realtà multidimensionale del nostro esistere, non significa evitarci le esperienze difficili, men che meno evitare il dolore; significa piuttosto avere un maggiore understanding del perché noi stessi – perché questo è – abbiamo scelto di vivere tali esperienze, dunque trovare la forza per accettarle con maggiore coscienza. Il “comprendere” in questo caso è infatti sinonimo di crescita interiore, la quale è frutto di uno tra i percorsi più difficili che si possano immaginare. Diversamente dalle dottrine di tipo religioso, laddove ci viene insegnato a dipendere dalla benevolenza di una invisibile entità che ognuno si crea a sua immagine e somiglianza, e se l’aggiusta come meglio crede, la filosofia quantistica ci insegna che noi siamo i responsabili e gli artefici del nostro destino ultimo, e che quel destino lo modelliamo ogni giorno un po’ di più con i nostri pensieri e le nostre azioni, a immagine e somiglianza di noi stessi, della nostra vera essenza, a immagine e somiglianza della nostra higher soul, dei suoi obiettivi. Ci insegna, inoltre, che le esperienze di vita non sono né belle né brutte, né idilliache né drammatiche, sono solo esperienze e tutte altrettanto valide. Il dolore che viviamo è consequentia rerum di quel loro essere valide, ovvero è consequentia rerum del nostro coraggio di viverle sulla pelle. Si potrebbe scrivere, insomma, che è il metro che ne misura la profondità effettiva. Ed è quel coraggio che, ultimately, porta alla crescita di cui sopra. Perché nulla viene dal nulla, neppure la “crescita interiore”. Detto altrimenti, non importa quanti ceri vengono accesi in chiesa, quante preghiere vengono recitate, o il lutto esibito, ciò che conta è la modalità con cui affrontiamo l’esperienza che noi stessi abbiamo scelto di vivere, un elemento che di per sé ci trasforma tutti quanti noi in eroi del quotidiano vivere. Aggiungo infine che il conoscere la filosofia quantistica non ci esime dal sentire il dolore che abbiamo scelto di provare.
Sei anni fa, quando mio padre passò ad altro stato dell’Essere, io avevo già iniziato un percorso di comprensione di questi meccanismi, e avevo già studiato centinaia di NDE, quindi sapevo a cosa sarebbe andato incontro il corpo quantistico di colui che in questa vita avevo scelto come genitore (perché noi scegliamo i nostri genitori, non viceversa). Questo però non ha impedito alla mia essenza dall’esplodere quando ricevetti la notizia che pur sapevo non sarebbe tardata ad arrivare. Fu in quell’occasione che scrissi anche la mia ultima poesia – che peraltro ora è sulla sua lapide -, non ce ne saranno altre. Ma, vuoi sia stato lo spirito splendido di mio padre, vuoi sia stato il mio conoscere questi meccanismi, il mio supposto saluto a mio padre, è stato piuttosto l’inizio di un percorso di condivisione stupendo. Mio padre è stato nei miei sogni – che per lo più nel mio caso sono veri e propri OBE – decine e decine di volte, e con lui abbiamo parlato di tutto. Anche gli studi che sto effettuando in questi anni sulla civiltà megalitica sono stati ispirati dai suoi racconti in stato-quantum. Se mio padre era uno spirito libero, amicale, curioso quando era in vita, questo status-quo si è ingigantito col suo passaggio, in linea con quanto accade a tutti noi quando ci liberiamo dall’insostenibile pesantezza del corpo. In verità, non basterebbe una enciclopedia per raccontare tutto ciò che ho condiviso con mio padre dopo la sua cosiddetta scomparsa. Debbo aggiungere inoltre che, seppure in misura minore, non vi è persona che io abbia conosciuto che non sia venuta a salutarmi alla partenza, alcune sorprendendomi parecchio. In qualche caso l’esperienza l’ho raccontata nei libri, come feci con il passaggio di don Pietro Vinante, il cui sole gigante che tramontava, ma da cui partivano infiniti raggi rossi d’amore è rimasto uno spettacolo mnemonico per cui sarò sempre grata… In un’altra occasione fu una ragazza del mio villaggio che io non conoscevo, ma che venne in sogno ad annunciarmi: “Ho ancora due giorni da vivere”. Al risveglio, pensai ad un’altra esperienza onirica senza senso, per poi comprendere, solo molto più tardi, cosa era occorso. Ogni volta che visito il nostro cimitero, vado a salutarla e a rivedere il suo sorriso bellissimo. Di contro, non ho mai raccontato questo sogno alla famiglia proprio perché convinta che potrebbero non capire. E poi comunque il saluto di questa ragazza era per me, chissà magari in altro stato dell’Essere ci conosciamo meglio di quanto dava ad intendere la nostra non-conoscenza terrena!
E potrei continuare all’infinito, ma non servirebbe a nulla. Ciò che invece mi prede dire a chi resta a contemplare, a fronteggiare il risultato di dolori intensi simili a quello provato dalla mamma di Annalaura… è di riempire l’anima di colori, di canzoni, meglio se dei colori e delle canzoni che i nostri cari passati amavano. Di riempirla delle loro passioni, della loro felicità e del loro coraggio di vivere, onde rendere loro l’omaggio che meritano. Mi preme inoltre raccomandare di liberare l’anima dal cosiddetto “lutto” (una parola terribile), nonché da tutto ciò che è negatività, onde lasciare lo spazio necessario ad una comunione rinnovata e diversa. Perché loro sono sempre lì, non sono mai andati via, e in ogni momento hanno la capacità mirabile di essere dovunque. In ogni luogo.

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