La statua di Teddy Roosevelt preda del wokismo

di Michele Marsonet.
Ricordate “Una notte al museo”, celebre film del 2006 con Ben Stiller? Fu campione d’incassi, tanto da avere ben due sequel che ne fecero una delle saghe più popolari dei nostri tempi.
Ambientata nel Museo di Storia naturale di New York, la pellicola aveva caratteri di originalità perché molti suoi protagonisti erano statue di cera che prendevano vita di notte. Tra essi parecchi personaggi storici come Theodore “Teddy” Roosevelt, 26mo presidente degli Stati Uniti, noto anche per aver avviato i lavori che poi portarono alla costruzione del canale di Panama.
La statua di Roosevelt, finora, era collocata proprio davanti al Museo di Storia naturale della Grande Mela. Finora, per l’appunto. I soliti “pasdaran” della pseudocultura “woke” che sta prendendo sempre più piede in America l’hanno nel frattempo fatta rimuovere.
A loro avviso, infatti, Roosevelt era colonialista e razzista, e la presenza del suo monumento in un luogo così visibile costituiva una vergogna da eliminare subito. Inutili, ovviamente, le proteste dei tanti contrari. Oggi opporsi al “wokismo” negli Usa può comportare dei pericoli, anche per la propria incolumità fisica.
Pochi giorni fa la stessa sorte era toccata al monumento dedicato a Thomas Jefferson, terzo presidente Usa e autore della “Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti”, quella che inizia con la celebre frase “We the People”. Altro padre fondatore della nazione giudicato razzista e schiavista e, dunque, da eliminare. La sua statua è sparita dal municipio di New York dov’era prima collocata.
Episodi simili, ormai, non si contano più. A San Francisco una folla “wokista” ha rovesciato il monumento di Ulysses S. Grant, comandante dell’esercito unionista del Nord nella guerra civile (o “di secessione”, come si usava dire un tempo), e poi diventato 18mo presidente della nazione.
Per i fanatici della pseudocultura “woke” poco conta che Grant fosse apertamente antirazzista, che avesse fatto pressioni sul congresso affinché approvasse il Quindicesimo Emendamento, che vieta ogni discriminazione basata su motivi razziali. E che avesse pure perseguito gli esponenti del “Ku Klux Klan”. A loro avviso era pure lui incline a tendenze razziste.
Nel frattempo, sempre a San Francisco, i “wokisti” erano addirittura riusciti a far sparire il nome di Abraham Lincoln dagli istituti scolastici della città. Ma in questo caso, per fortuna, la decisione è stata annullata grazie a una decisa reazione dei cittadini Usa che hanno conservato la sanità mentale.
Ciò non toglie, però, che a Portland sia stata rovesciata persino la statua di George Washington, primo presidente e padre della nazione. Davvero impressionante questo tentativo di distruggere interamente la storia americana, e di rifondarla su basi di cui non si capisce bene la natura. Visto l’andazzo, ci si chiede quale storia studieranno nei prossimi anni gli studenti american, e come faranno gli insegnanti a gestire le controversie che con certezza sorgeranno nelle classi.
Già, perché il “wokismo” adesso è forte, ma non è in maggioranza come dimostrano le frequenti richieste di contrastarlo rivolte a senatori e deputati. Insomma è cresciuta l’ostilità nei confronti della cultura occidentale, ma è sta pure aumentando la rabbia della maggioranza che ritiene folle tale atteggiamento.
