Italia senza strategia sul piano energetico

di Michele Marsonet.
Ormai si è capito che l’Italia, dal punto di vista energetico, è in una condizione ancor peggiore di quella precedente (che era già drammatica di per sé). La pandemia mondiale ha rallentato le catene di approvvigionamento. Pone quindi i Paesi come il nostro, privi di fonti energetiche autonome, in una posizione di grave pericolo, tanto per quanto riguarda il benessere dei cittadini quanto per motivi di sicurezza.
Eppure questa consapevolezza stenta a farsi strada. Anche perché da noi l’ecologismo estremo – o ingenuo, se si preferisce – ha assunto un’influenza enorme sull’opinione pubblica, grazie soprattutto alla propaganda delle forze politiche di sinistra.
Abbiamo visto ministri e alti funzionari inginocchiarsi davanti a Greta Thunberg, come se a lei, e solo a lei, spettasse decidere cosa è giusto e cosa non lo è in materia di politica energetica. La ragazza svedese è diventata una sorta di Giovanna d’Arco da adorare ad ogni costo, disposti a sopportarla anche quando ci sbeffeggia con il suo “bla bla bla”.
Il problema è che la transizione energetica non è, in primo luogo, semplice come la suddetta Greta pretende. E minaccia di essere, soprattutto, costosissima pure sul piano occupazionale.
Solo pochi esperti, finora, hanno compreso che il passaggio integrale all’auto elettrica è in grado di mettere in crisi, in tempi rapidi, il nostro apparato produttivo e industriale andando a danneggiare proprio gangli vitali della nostra industria.
Né si può trascurare il fatto che per sfornare auto elettriche sono necessari i “microchip”, prodotti soprattutto in Asia con in testa Taiwan. Anche in questo caso siamo del tutto scoperti. Si comincia a parlare della necessità di costruire fabbriche di “microchip” sul suolo nazionale ma, conoscendo i tempi della politica italiana, è impossibile attendersi risultati rapidi.
Si noti che l’ecologismo estremo è legato all’accettazione di alcune tesi che, forse, sarebbe meglio definire “ipotesi”. Esse ci dicono che i mutamenti climatici dipendono interamente dalle azioni nocive degli esseri umani, e in particolare dall’inquinamento da loro causato.
Ragionando in questo modo, tuttavia, si trascura il fatto che mutamenti climatici di grande rilievo si verificano in modo ciclico e piuttosto regolare sul nostro pianeta, e che si verificavano anche quando non c’era alcun essere umano presente sulla Terra. Fermare i mutamenti climatici solo diminuendo l’inquinamento e passando a forme alternative di energia è, pertanto, un’ennesima forma di utopia.
A parte considerazioni generali come le precedenti, occorre però chiedersi anche se corrisponda al vero l’affermazione secondo cui l’Italia è priva di fonti energetiche. In realtà non pare affatto sia così.
Il nostro Paese possiede grandi giacimenti di gas e di petrolio che, già perforati, potrebbero essere messi in funzione in tempi relativamente brevi. Ne ha parlato il ministro Roberto Cingolani, e il presidente di Federpetroli, Michele Marsiglia, gli ha subito dato ragione, notando come essi potrebbero coprire il 45% del fabbisogno nazionale e diminuire la pericolosa dipendenza dagli analoghi prodotti russi.
La proposta, tuttavia, non ha avuto seguito per una forte opposizione incontrata in parlamento. E questo nonostante Ursula von der Leyen abbia incoraggiato il nostro Paese ad usare il gas di cui dispone. Niente da fare. Per buona parte del mondo politico nostrano è preferibile dipendere dai capricci di nazioni straniere piuttosto che essere indipendenti sul piano energetico.
Cingolani è stato pure attaccato con durezza per aver osato notare che, oggi, le centrali nucleari di nuova generazione sono sicure, il che consentirebbe di produrre energia a prezzi molto convenienti. Altro muro di sbarramento. L’Italia ha perduto il prezioso know how nucleare che aveva accumulato negli anni del boom economico riducendosi ad importare energia derivante dal nucleare prodotta, però, dai francesi.
Altro fattore negativo da tenere in considerazione è la nostra eccessiva acquiescenza alle politiche dell’Unione Europea. Quest’ultima non ha affatto una strategia energetica chiara e condivisa. Vorrebbe imporre alla Polonia di rinunciare interamente al carbone, senza capire che tale mossa metterebbe in ginocchio l’economia di quella nazione. Al contempo lascia che la Germania prenda accordi diretti con Putin per importare il gas russo.
Per finire è opportuno sottolineare che la politica energetica di un Paese va supportata, quando è necessario, anche “manu militari”. Abbiamo in un primo tempo perduto la nostra influenza in Libia a favore dei più furbi francesi anche se, ultimamente, qualcosa si è forse recuperato.
Occorre però capire che i discorsi pacifisti fanno scarsa impressione sui “ras” stranieri che controllano i pozzi. E’ necessaria invece una politica militare attiva ed autonoma, in grado di sostenere con la forza le nostre ragioni. Risultato, purtroppo, ben difficile da conseguire visto che generali e ammiragli italiani, quando vengono intervistati, esaltano soltanto la dimensione pacifica delle nostre missioni.