Filosofia dell’anima – Una prospettiva ontologica sul problema democratico in Italia. E sulla donna che sputò su Luigi XIV

Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza.
Rita Levi Montalcini
di Rina Brundu.
In questo periodo in cui abbiamo iniziato a rivoltare il sito inside-out, onde prepararlo a ciò che si farà in futuro e onde liberarlo da tanta immondizia che pure viveva tra le sue pagine, mi è capitato di interrogarmi sul lavoro svolto in passato. Tra le altre medaglie al valore, ricordo che questo sito è stato in prima fila durante la lunga battaglia di un intero popolo contro il renzismo, una battaglia già iniziata nell’aprile del 2014 quando l’Italia mediatica tutta era piegata al ducetto, a cominciare da quei “segugi” mediatici che oggi fanno inchieste sulla pochezza politica di Matteo Renzi. Una pochezza politica che è naturalmente costata altri miliardi di euro, i quali verranno sborsati da noi e dai nostri figli, proprio come i recenti accordi MES mostrano in maniera plastica. Per dare idea del pegno pagato per tali battaglie (combattute senza l’editore di riferimento a coprirci le spalle), ricordo che la pubblicazione del Diario dai giorni del golpe bianco è costato un attacco importante e documentato a questo sito, nonché quel fatto diffamatario (anch’esso pienamente documentato) tra le pagine wikipediche, ovvero tra le pagine di quella che è forse la più grande aberrazione culturale creata dalla nostra società mordi-e-fuggi in questi anni, e sul quale io tornerò molto presto anche su questo sito (e non solo!). Un’altra battaglia a cui dedicherò la mia vita.
Orbene, ricordando tutto questo, e molto altro (anche perché gli attacchi non sono stati pochi, con gli “amici” in prima fila a sferrare i colpi peggiori), io mi sono interrogata in maniera seria. Mi sono interrogata molto anche su quelli che sono stati i miei sbagli fondamentali, tra tutti si ricordi l’errore di giudizio sul guru grullino e sulla casta politica che ha messo in piedi allo scopo di disonorare le nostre istituzioni. Tra le tante domande che mi sono posta ci sono state pure queste: ma che senso ha lottare in questo modo? Che senso ha riportare nero su bianco questi pensieri quando la nazione tutta sembra avere imboccato la via del non-ritorno? Quando il termine democrazia si è ormai fatto apostrofo iniquo e per lo più scordato dalla memoria sempre più fallace di editor analogici? Quando la penisola intera, da nord a sud, da est a ovest, ha ormai problemi ben più seri? Quando l’idealità vive solo nel ricordo dei pochi? Quando l’idealità in politica si è ormai fatta opzione-trendy sessantottina e borghese? Quando la stessa “battaglia” politica è relegata a sciocchi “siparietti” (li chiamano così) finti in finti studi televisivi, prima di essere ripresi, sovente in prima pagina, da finti giornaletti di notizie? Da giornaletti asserviti a quello stesso potere che li sovvenziona, il quale è causa e concausa del presente sfascio socio-economico?
Non nego che una maggiore riflessione su queste tematiche sia stata favorita anche dai miei studi del momento. Tale meditazione non è stata inutile però. È stato infatti così che mi sono ricordata della signora che sputò in faccia a Luigi XIV alcuni secoli fa. Venni a sapere di questo fattoide per caso, mentre guardavo un documentario dedicato alla costruzione della Reggia di Versailles.
Tirare su quel ridicolissimo castello – emblema plastico della vanità umana e dell’incapacità di un re – costò parecchio alla Francia, non solo in termini economici, ma anche e soprattutto in termini di vite umane, come è sempre accaduto in passato nei cantieri dove la vita degli operai conta poco e nulla, come sempre accade oggigiorno negli stessi posti. Per gli stessi motivi.
Tra i lavoratori che morirono cadendo dalle impalcature ci fu anche un giovanissimo, un ragazzino praticamente, figlio di una donna che quando fu informata della morte del figlio cadde in un profondo stato di disperazione. Così forte fu il suo dolore che un giorno si appostò in una strada dove di norma transitava il re, gli si parò davanti e gli sputò in faccia.
Naturalmente, quella mamma fu punita, frustata nella pubblica piazza, chissà, forse morì in galera, dato che questi fatti sono occorsi in un altro periodo della storia del mondo tutt’altro che degno. Di questa signora io non ricordo neppure il nome, anzi non mi interessa neppure ricercarlo, mi basta infatti sapere che è esistita e ciò che ha fatto. Oggi come oggi, io considero l’insegnamento di vita provvisto da questo spirito, un fatto ontologico mirabile, secondo solo al momento in cui l’immenso Diogene ordinò ad Alessandro di togliersi dai coglioni perché gli levava il sole! Energie di questa tipologia ci insegnano dunque che quando ci interroghiamo sul rischio che comporta il vivere eticamente, la lotta senza soluzione di continuità per la libertà dello spirito e del corpo, o quando siamo tentati di accodarci alla massa muta vittime della paura della retaliation, noi non stiamo guardando alla faccenda, finanche al senso del nostro esistere, dalla corretta prospettiva di visione. Noi non stiamo guardando alla nostra esperienza incarnata come a un segmento minimale nella storia senza tempo del nostro Essere, ma piuttosto stiamo osservando il tutto da una prospettiva vile e utilitaristica. Minimale. Risibile, finanche sciocca.
La tragedia di questa signora – il cui coraggio si farà esempio etico nell’esperienza immortale di tutto-ciò-che-esiste, anche quando persino gli atomi che compongono la reggia di Versailles si saranno dissolti e avranno scordato l’esperienza di sé – ha quindi risolto in maniera importante anche il mio dubbio principale relativo alla validità intrinseca del lavoro che è stato svolto su questo sito in passato. Nonché, i dubbi relativi alla validità del lavoro che si svolgerà tra queste stesse pagine in futuro con, lo speriamo, maggiore accortezza intellettuale. Rosebud, insieme a tanti altri luoghi sopravvissuti alle purghe digitali di regime, ha rappresentato, insomma, una piccola luce nel buio che altrimenti ci circondava durante quegli anni nefasti per l’Italia. La barba di Diogene ha il dovere di proseguire lungo quella stessa strada, finanche di espanderla tale luce, in molti modi. Finché ci sarà luce sarà infatti impossibile soccombere, non importa la potenza della corazzata nemica che ci circonda: tanto ho imparato in questi anni dedicati allo studio della filosofia e tanto mi basta!