Il dono ontologico di Koku Istambulova

Il volto mirabile e bellissimo di Koku, qualche mese prima di morire
Secondo il suo passaporto russo, che usava per lo più per ritirare la pensione, Koku era nata il primo giugno del 1889. Ha vissuto in pieno la rivoluzione del 1917, e poi, in quanto cecena, fu deportata da Stalin per 13 anni. Quando finalmente tornò nella sua casetta di fango e mattoni – il luogo più bello del mondo, la dimora della sua anima – le cose non cambiarono troppo: “Ho vissuto 129 anni e non un giorno felice”, raccontò una volta Koku durante una intervista. “La mia vita è stata una punizione divina” ha sentenziato con fare rassegnato.
Koku se n’è andata poche settimane fa. È morta nel sonno, tenendo le mani giunte, quasi come fosse in preghiera e nonostante tutto coltivasse ancora speranza. Negli ultimi tempi era circondata dalle premure della numerosa famiglia, dalle attenzioni dei tanti, inclusa la Stampa mondiale, che celebravano la donna più vecchia del mondo! Ma Koku era di quegli spiriti saggi che non si fanno imbrogliare da tutto ciò che manca di sostanza. Il suo viso anziano, antico quasi, scurito dai raggi del sole, dall’azione del tempo, scavato dal dolore e dalla sofferenza, raccontava i suoi pensieri più di mille libri. Più di mille interviste. Più di mille lemmi effimiri scanditi per accontentare l’attesa altrui.
“129 anni e non un giorno felice!” aveva detto Koku. Come lei, anche io, affascinata, mi interrogo sul senso della sua vita. A differenza di Koku però io quella sua esistenza la trovo bellissima, memorabile, didattica, filosofica nell’essenza. Che non sia proprio questo il senso del suo “insegnamento”? Il senso dell’insegnamento provvisto dalla vita di Koku? E cioè che per creare bellezza serve il dolore, la sofferenza , serve il coraggio di portare sulle spalle ognuno dei 47085 giorni che erano stati concessi a questo spirito eccezionale.
Per estensione, la vita mirabile di Koku si fa anche vero insegnamento ontologico fondamentale: noi esistiamo per creare bellezza nel cosmo e con la nostra fatica, il nostro dolore, la nostra sofferenza paghiamo il dono straordinario che facciamo agli altri! Del resto, chi potrebbe vantare un dono altrettanto meraviglioso di quello che ci ha fatto Koku? Nel suo resistere, nella sua lotta di ogni istante, di ogni momento, di ogni ora, contro gli ostacoli naturali, contro la tirannia umana, contro la speranza assente, malgrado le sue preghiere, la nostra possibilità di guardare in uno specchio che riflette la nostra stessa grande storia, il nostro passato, cosa siamo stati, e così facendo ci dice anche cosa siamo e dove stiamo andando.
La vita di Koku! Pensa tu: una condanna per lei, una occasione di infinita conoscenza per noi!
Rina Brundu