Filosofia dell’anima – Feltri e il caso Shoah. E su Antonio Gramsci
Dato che ormai sui siti dei giornali italiani appare di tutto, ogni nequizia, tranne le notizie che occorrerebbe dare, a che serve stracciarsi le vesti per l’ultima “impresa” attribuita a Vittorio Feltri? Peraltro, Feltri non è certamente il peggior giornalista italiano. Lodevole è, per esempio, il suo coraggio, la sua determinazione nel rompere datati cliché, anche di linguaggio. Tra Feltri e i posati notisti di certe redazioni non avrei il minimo dubbio chi scegliere.
L’ultima dichiarazione che gli è stata attribuita: “Gli ebrei? Sono decenni che rompono i coglioni con la shoah”, è un’altra di quelle che danno da pensare. In molti modi. Su un punto, per esempio, Feltri ha ragione: tante persone, moltissime, ebrei o di altra religione o gruppo etnico, hanno profittato della Shoah. Non sarebbe azzardato dire che alcuni sulla Shoah ci abbiano campato. Altri hanno ricevuto premi, emolumenti, in nome della Shoah; premi e emolumenti che non avrebbero ricevuto altrimenti.
Questo vale anche per i giornalisti italiani, soprattutto per i più noti, per i presenzialisti della tv: dove sarebbero stati se non avessero pontificato sulla Shoah? Sulla giornata della Memoria? Dove sarebbero stati se ogni qualvolta che si sente il nome di Anna FranK pronunciato invano, non fossero stati i primi a stracciarsi le vesti? Io ne ho pure conosciuto di simili personaggi, e sono rimasta tutt’altro che impressionata. Alcuni di questi signori non hanno la più pallida idea di chi fosse Himmler, di chi fosse Heydrich, non hanno la più pallida idea di cosa abbia determinato la Shoah che incensano, di cui si riempiono la bocca. Non ho difficoltà a dirlo, tutti questi arrivisti a me fanno molto più schifo di quanto non me ne faccia la deplorevole onestà dell’anima di Feltri, nessun dubbio su questo. Credo infatti di avere raggiunto quella sorta di maturità d’intelletto che mi permette di capire pure perché Feltri possa avere risposto così, se non altro posso individuarne alcune di quelle ragioni.
D’altro canto però, un giornalista, ma anche una qualsiasi persona, che se ne viene fuori, con un’espressione come quella attribuita a Feltri a proposito della Shoah, a me fa pure pena, una pena infinita. Per mille motivi. Intanto si potrebbe porre una domanda fondamentale a questo giornalista: che colpa ne hanno coloro che hanno subito sulla propria pelle la Shoah di quanto è accaduto negli ultimi decenni? Queste interrogazioni, tuttavia, restano capziosità che trovano il tempo che trovano.
La verità è che l’infelice “uscita” di Feltri mi mette i brividi addosso, perché si fa espressione plastica dello sconcerto, della disillusione che forse provò Antonio Gramsci quando capì che: “… la storia insegna, ma non ha scolari”. Proprio così, la storia insegna, ma non può nulla: non può nulla contro la nostra ignoranza, non può nulla contro la nostra strafottenza, non può nulla contro l’incapacità di empatia, non può nulla contro la leggerezza ontologica del villaggio globale e delle sue autostrade digitali, non può nulla contro la smemoria, non può nulla contro la noia di vivere.
Che a ben pensarci solo la noia esistenziale (una noia da shipwreck esistenziale) potrebbe portare un uomo intelligente come Feltri a macchiarsi l’anima con una eresia così grande. L’idea è giustificata anche dal fatto che, se non ho letto male, a quanto pare il direttore stava bevendo champagne quando avrebbe fatto questa sua dichiarazione. Peraltro, questo è un fattore che in dato modo arreca comunque conforto: insomma, è un sollievo apprendere che almeno questa volta mentre sparava l’ennesima minchiata il suo spirito fosse in qualche modo imbrogliato da altro “spirito”. Ma che succederà quando sarà di nuovo sobrio come i suoi venerati colleghi? Dato il giornalismo-dei-tempi, si salvi chi può!
Rina Brundu