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L’affaire Alitalia

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9 Agosto 2014

La  compagnia di bandiera sexy

È tutto un tripudio balneare soddisfatto. Renzi, in piena eccitazione post primo-SI alla Riforma Costituzionale, giura che nessuno lo fermerà; Berlusconi, simile a una favolosa araba fenice che festeggia la milionesima risurrezione, rivendica il ruolo da protagonista nel partito e promette (o minaccia?) di tornare più bello e combattivo che pria; il ministro Boschi, forte della benedizione della Finocchiaro, starebbe prenotando un volo last-minute, destinazione IKEA… pardon, sconosciuta.

Dulcis in fundo, era solo ieri che i giornali renzisti festeggiavano la firma dell’accordo Alitalia-Etihad e scongiuravano il pericolo dello sciopero-pazzo nei nostri aeroporti, soffocati anche dall’afa estiva. Soprattutto, si starebbe celebrando la nascita di una nuova compagnia di bandiera più sexy: proprio quello che ci mancava! Non ci serve, infatti, una compagnia di bandiera in mani italiane, libera, indipendente, senza debiti e specialmente capace di evitare gli “esuberi necessari”, ma sexy, che fa più figo.

“Sarà un’azienda più sexy” avrebbe confermato il numero uno di Etihad James Hogan, e a dargli manforte facevano da colorito sfondo alle fotografie di rito seguite all’annuncio dell’accordo, diverse bellissime hostess orientaleggianti.

In primo piano, invece, oltre la faccia sorridente e soddisfatta dello stesso Hogan, si potevano ammirare i faccioni satolli di numerosi maschi nostrani, forse a far intendere che la nuova Alitalia non sarà solo una società sexy ma anche una company governata con le palle, con tutti i gioielli di famiglia al posto giusto e niente tette: crepa di invidia Michael O ‘Leary che la sua Ryan Air l’ha fatta crescere e prosperare solamente con un occhio attento alle spese, arrivando persino ad assumere assistenti di volo brutte come la morte, ma che il risultato lo portavano a casa!

Giorni prima erano state invece le parole di Mario Draghi, il presidente della BCE, a guadagnarsi un occhiello sui giornali di punta. Draghi ha parlato di Italia e di riforme da farsi pena la perdita della sovranità nazionale (una sorta di iperbole da estate fantozziana difficile da perdonare anche a un governatore di una banca centrale), e subito Renzi ha detto di trovarsi pienamente d’accordo con lui. Del resto Renzi é sempre d’accordo con chi ha un conto in banca con molti zeri, o è solo una mia impressione? Il dubbio, il sospetto che mi assilla é che le riforme di cui parla Draghi non siano proprio quelle burocratiche sulla cui realizzazione ha scommesso il suo esistere il governo renzista.

Dopo una vita spesa qui nella Terra Smeralda, dopo avere testimoniato e vissuto in pieno, in prima linea, il suo boom digitale prima e finanziario in seguito, posso dire che all’origine di quei boom non c’erano le riforme burocratiche di tipo renzista; tali attività si danno per scontate a queste latitudini, e senza troppe sceneggiate. Alla radice di quei boom c’erano invece incentivi economici sostanziali per le imprese americane che colonizzavano l’Irlanda, una generazione di ragazzi cosmopolita e preparatissima, un humus linguistico multinazionale senza rivali, un orizzonte d’attesa tecnologico e sufficientemente spregiudicato, una capacità imprenditoriale in grado di volare e di sognare che ha saputo fare una differenza.

Michael O’Leary in realtà è solo una, forse la più nota, delle tante storie di successo che si sono proposte come ciliegina importante sulla torta imprenditoriale irlandese degli ultimi venti anni. Una torta di una sostanza tale che ha permesso a questa piccola nazione di riprendersi dallo sboom post fallimento Lehman[1], anche con una certa velocità, e di adeguarsi alle necessità dei nuovi tempi con la serietà necessaria. Favole e sfavole sexy dei giorni nostri, a ciascuno la sua.

[1] Lehman Brothers Holdings Inc., fondata nel 1850

Tratto da:

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