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La memoria : Il COMUNISMO E LE FOIBE

foibe1Ieri era la giornata del ricordo. Ricordo monco che non spiega nulla. Vuole solo continuare con la canzoncina degli italiani brava gente.
D’altra parte il ricordo, a parte i banditi interessati, è gestito da ignoranti sesquipedali che non sanno proprio di cosa parlano. Si commuovono pure mentre parlano. Invito chiunque che abbia l’opportunità di incontrare questi cantori del nulla, questi piagnoni inconsistenti, di chiedere loro perché i partigiani titini buttavano i nostri poveri concittadini dentro le foibe. Non sanno nulla e non lo vogliono sapere, ci vorrebbe tropo tempo. A questo livello di ignoranza ha anche aiutato Napolitano che si comportava da Presidente come chi non sapeva nulla. Ripropongo quindi un articolo che scrissi addirittura 17 anni fa che dovrebbe far capire cosa accadde in quelle tragiche giornate del dopoguerra.
Alla fine di questo articolo fornirò il link di un’altra pagine di Fisicamente in cui una attenta studiosa, Claudia Cernigoi, racconta le Foibe con ogni dettaglio. Seguono poi altri link che approfondiscono la questione
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Il COMUNISMO E LE FOIBE
Roberto Renzetti
(17-11-2000)

E’ certamente utile conoscere fino a che punto era arrivata la criminalità nazista e fascista. Vi sono storie poco note e queste sono quelle relative all’occupazione tedesca ed italiana dei territori della ex Yugoslavia. Quando si sarà studiata questa parte, allora si sarà meglio in grado di dare un giudizio complessivo su quell’orrendo periodo storico che si concluse con le foibe e con i profughi giuliani ed istriano-dalmati.
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L’Italia fascista, insieme alla Germania nazista, manteneva in libertà vigilata Croazia e Slovenia (regioni appartenenti alla Yugoslavia). Agli inizi del 1939 l’Italia, non ancora entrata in guerra, si prepara ad attaccare l’Albania e la Grecia. Puntando sul fascista croato Ante Pavelic, che momentaneamente aveva avuto asilo politico a Siena, Mussolini forza la politica di destabilizzazione della Yugoslavia. Pavelic e gli ustascia vengono addestrati in Italia e possono contare sul sostegno di elementi antisemiti che fanno capo alla Curia arcivescovile di Zagabria. Mussolini pensa di utilizzare Pavelic per staccare la Croazia dalla Yugoslavia. Arriva il veto tedesco, perché Hitler non si fidava degli italiani. L’Italia attacca la Grecia il 28 ottobre 1940 (la dichiarazione di guerra di quel buffone fu fatta simultaneamente a quasi l’intero mondo!) pensando di spezzarle le reni ma pigliandosi una storica batosta. Comunque con questa azione si è ai confini con la Yugoslavia. Hitler , per parte sua, preparandosi all’attacco all’URSS, vuole una zona di tranquillità nel settore balcanico e intima al reggente yugoslavo, principe Paolo, di firmare un trattato di adesione all’Asse. In Yugoslavia la cosa non è gradita e Paolo viene deposto da Dusan Simovic (con l’appoggio dei servizi segreti britannici, da settori serbi, dal clero ortodosso). Nonostante le rassicurazioni di Simovic a Roma e a Berlino sulla non inimicizia del nuovo governo con l’Asse, Hitler inizia a pensare ad un intervento militare che, tra l’altro, dovrebbe togliere la Croazia dall’influenza italiana. Si arriva al compromesso di uno stato indipendente croato con a capo il criminale Pavelic (Hitler avrebbe preferito il moderato Macek). Il 3/4/41 un colonnello croato dell’esercito serbo (Kren) fornisce ai nazisti tutte le informazioni sulle forze e la dislocazione dell’esercito yugoslavo. Il 6/4 le forze nazifasciste attaccano senza preavviso la Yugoslavia (24 divisioni tedesche, 23 italiane + vari ungheresi e 2200 aerei da bombardamento che distruggono preventivamente l’aviazione yugoslava e bombardano Belgrado) procurando in 2 giorni 17.000 morti yugoslavi (le perdite dell’Asse sono: 558 tedeschi e 3.334 italiani). La Yugoslavia viene cancellata e le sue spoglie vengono divise tra gli eserciti occupanti. All’Italia spetta il controllo della parte meridionale della Slovenia (con Lubiana), lo sbocco al mare a sud di Fiume, alcune isole, il controllo della costa dalmata da Zara a Spalato, un pezzetto di Bosnia, il Montenegro, un poco di Kossovo. Dopo trattative serrate, Pavelic viene portato a Zagabria (15/4) con i suoi ustascia per gestire il potere. Alcune frange dell’esercito yugoslavo iniziano ad organizzarsi in formazioni partigiane alla guida del generale Mihailovic. Contemporaneamente sulle montagne iniziano ad infoltirsi le brigate partigiane guidate dal segretario del Partito Comunista Yugoslavo, Tito. Il 16 aprile vengono sciolti tutti i partiti politici ed i loro capi arrestati, viene soppressa la libertà di stampa (solo ustascia e cattolici mantengono i loro organi informativi), vengono distrutti tutti i luoghi di culto non cattolici. Arriva la benedizione di Pio XII. Il 18 aprile vengono sequestrati tutti i beni dei serbi – un terzo della popolazione – , dei comunisti, degli ebrei (i comunisti e gli ebrei su semplice delazione vengono arrestati; la metà degli ebrei croati, 50.000, sarà macellata) mentre iniziano i massacri dei rom (28.000). Il 25/4 Leggi Razziali con identificazione di ebrei e serbi mediante fasce colorate al braccio. I1 30 aprile si definisce la nazionalità croata per soli ariani e tutti i locali pubblici debbono avere cartelli che dicono :”vietato ai serbi, ebrei, zingari e cani”. Il problema principale sono i serbi che in parte sono costretti ad andarsene, in massima parte massacrati anche in campi di sterminio e, in minima parte, convertiti forzatamente al cattolicesimo. Centinaia di migliaia di serbi verranno trucidati, interi villaggi distrutti ed incendiati. Ogni documento parla delle atrocità ustascia come peggiori di quelle degli stessi nazifascisti.
I primi campi di concentramento vengono allestiti nel 1941 e vi si è mandati non da tribunali ma dal “Servizio Ustascia di Controllo”. In territorio croato se ne aprono 22 che funzioneranno per portare a termine lo sterminio. Solo 2 resteranno aperti fino al 45 (non esistono documenti su quanti siano stati gli sterminati, documenti distrutti dagli ustascia in fuga) . Il capo di uno dei campi (Luburic) nel 1942 dichiarerà di aver sterminato più persone lui di quanto ha fatto l’impero Ottomano nei suoi secoli di dominazione. Nel campo di Jadovno vengono sterminate circa 400 persone al giorno. Vengono portati alla Fossa di Saranova dove vengono sgozzati e colpiti con mazze di ferro sulla testa (questi fatti sono riportati da centinaia di documenti e testimonianze). Il campo di Jasenovac è quello con la fama peggiore. Lì furono uccise 700.000 persone. A partire dal 1943 le attenzioni verranno rivolte ai partigiani. Si leggano le varie testimonianze nella bibliografia in fondo.
Nel 1941 le truppe italiane vengono accolte con una qualche speranza perché qualcuno crede a quella storiella degli italiani brava gente. Ma l’annessione mussoliniana della Dalmazia fa cambiare tutto. Le truppe italiane devono sostenere la nascita dello stato croato. Qualche soldato scrive lettere inorridite ai comandi superiori (ma non accade nulla) e tenta una qualche opposizione. Pavelic scrive a Ribbentrop ed ottiene dall’Italia l’estradizione degli ebrei residenti in zone controllate dall’Italia stessa (con molte eccezioni di ingegnosi modi di salvare qualche vita). Di tutt’altro tipo è l’azione dell’esercito italiano in Dalmazia, Croazia e Slovenia, verso i partigiani che vengono perseguiti con accanimento. Tutti i reparti diventano assassini e primeggiano gli Alpini e la Milizia fascista. Quindi da parte dell’Italia le azioni sono dirette principalmente contro i partigiani e vi sarà un coinvolgimento solo parziale nelle stragi etnico-religiose. Iniziano anche le conversioni forzate dei serbo ortodossi, con monsignor Stepinac benedicente. Tutte queste atrocità proseguiranno fino al 1945. Intanto nell’agosto del ’43 lo sbarco alleato in Sicilia inizia a far traballare il regime fascista. L’Italia inizia una parziale ritirata dai Balcani e Pavelic si riannette la Dalmazia. Anche il Reich inizia a passarsela male con l’Armata Rossa contro la quale ha impegnate 244 delle sue complessive 300 divisioni (da quella parte l’URSS pagherà con 21 milioni di morti). Nell’autunno i partigiani di Tito hanno già occupato tutti i territori montagnosi di Croazia, Dalmazia, Bosnia e Montenegro. Costituiscono un Comitato riconosciuto dagli alleati. Nei primi mesi del 1944, con i tedeschi che devono ripiegare verso la Germania i partigiani occupano nuovi territori. Pavelic vede crollare il suo regime e tenta un avvicinamento agli alleati che viene respinto. Si tenteranno varie strade (Pavelic esule in Svizzera ed il governo ad un moderato in modo che il tutto sembri un rovesciamento filoalleato). Niente, e non solo: l’ambasciatore croato che si reca a Bari con questa proposta viene arrestato dagli alleati. Il bombardamento anglo americano di Dresda del febbraio 1945 segna la fine del Terzo Reich. Pavelic è convinto che la guerra proseguirà tra Usa ed Urss. Ma a Yalta si era già deciso di fermare tutte le armi dopo la sconfitta del nazifascismo. L’ala partigiana di Mihailovic sì schiera con Pavelic al fine di costruire una Croazia indipendente, cattolica ed anticomunista. Il tentativo abortisce subito perché gli alleati non riconoscono un tale governo. Tito resta l’unico capo dell’ esercito partigiano che è diventato possente e sta occupando tutto (si tenga conto che la Yugoslavia è l’unico Paese che si è liberato da solo). Pavelic tenta la fuga (con 36 casse d’oro e gioielli), prima in Germania poi nell’Arcivescovado di Zagabria, quindi in Austria dove (seguito da un migliaio di ustascia e 500 tra suore e preti) viene accolto da un convento francescano. Lì viene arrestato dagli inglesi. Tito ne chiede l’estradizione che non viene concessa. In compenso un emissario vaticano riesce ad ottenere la sua liberazione. Dopo essere passato per Roma sotto falso nome, con un passaporto internazionale della Croce Rossa, fornito da Mons. Montini (futuro Paolo VI), da Genova si reca a Buenos Aires. Da lì peregrina un poco fino ad arrivare nella Madrid di Franco dove morirà nel 1959 (nel suo letto). Ma cosa accadeva in Yugoslavia? L’8 maggio 1945 le truppe di Tito entrano a Zagabria completando la liberazione dell’intero territorio yugoslavo. Alle elezioni dell’11 novembre la Lega dei Comunisti di Tito prende il 90% dei suffragi (guadagnati sul campo). Ma 1’esercito di Tito dilaga dopo quell’8 maggio ed entra in Italia, occupando zone dell’Istria, di Trieste, del Carso. Qui cominciano le stragi orrende di innocenti: le foibe. La furia di chi ha subito violenze senza fine senza aver provocato niente, diventa incontrollabile. Gli italiani sono la seconda forza che ha mantenuto al potere il fantoccio Pavelic. Ed hanno operato in prima persona contro i partigiani stessi torturando e massacrando. La cosa si può capire (capire ho detto e non giustificare: queste tragedie accompagnano ogni guerra, ogni rivoluzione ed anche momenti di rivalsa di chi è stato aggredito oppresso e trucidato). L’esercito yugoslavo sarebbe potuto entrare ancora di più in territorio italiano ma vari armistizi fermarono il tutto. Resta solo da ricordare che il confine provvisorio divideva Trieste (fino al 1954, con una retorica fascista orripilante che continua: Trieste è italiana, i comunisti sono oppressori, ecc.). Trieste è tornata all’Italia. I trattati di Osimo hanno fatto nuovo ordine ai confini. Ma occorre sapere un’altra cosa. Dal 1946 iniziò in Italia una campagna rivolta agli italiani rimasti in territorio yugoslavo. Iniziarono a venire a migliaia profughi istriano dalmati. Con questa operazione si indebolirono le comunità italiane ivi residenti perdendo un peso che avrebbe potuto far ottenere importanti riconoscimenti come minoranza linguistica. Queste sono le foibe. Io ho dovuto tagliare. Leggete l’autore che volete. Le testimonianze nei vari processi che si sono susseguiti.
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[Bibliografia: M.A. Rivelli – “L’Arcivescovo del genocidio” – Ed. Kaos, 1999].

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http://www.fisicamente.net/MEMORIA/index-612.htm (Claudia Cernigoi)

http://www.fisicamente.net/MEMORIA/index-645.htm

http://www.fisicamente.net/MEMORIA/index-649.htm