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Sulla questione editoriale della pubblicazione del libro di Imane Fadil, mentre impazza il ridicolissimo Premio Strega…

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Ieri mi è capitato di leggere la lista di quelli che sarebbero i dieci candidati al Premio Strega 2019. Ne prendo uno a caso, vado a leggere la sinossi editoriale, peraltro in forma di citazioni dal testo e vi trovo una serie di refusi e strafalcioni grammaticali…

Orbene, i refusi, anche per la maniera veloce in cui si scrive, sono il male dei tempi, ma cazzo!, c’è luogo e luogo dove lasciarli, certamente non dovrebbero comparire nella sinossi editoriale di un tomo candidato allo Strega! Tralascio invece di commentare sulla “tematica pregnante” trattata dal testo perché finisco sempre nel mio solito ruolo antipatico, ma vero è che con le possibilità cogitative, di know-how, di studio che offre la dimensione digitale, trovare ancora “autori” che si occupano di minchiate analogiche fa davvero male al cuore…

E mentre questo ridicolissimo rito pseudo-letterario abusato va avanti di suo, tra editori compiacenti, autori che al più hanno la canonica laurea italiana, marketing che fa cagare, così come la mancanza di idee e la forza nella denuncia… i libri a cui bisognerebbe guardare per comprendere la nostra società e le sue effettive difficoltà, anche drammatiche, vanno a finire ignorati.

La questione della pubblicazione delle memorie di Imane Fadil, la ragazza coinvolta nel Caso Ruby e forse morta due settimane fa per avvelenamento, è senz’altro la vera hot-issue editoriale del momento. Cioè, quel libro va pubblicato, in qualsiasi modo ma va pubblicato. Comprendo che non lo si può fare subito, da piccolo editore comprendo anche che ci sarà modo e modo per pubblicarlo, ma va pubblicato. Non è solo questione, infatti, della cronaca giudiziaria, qui c’è di mezzo un ritratto esistenziale post-digitale sostanziale che deve giustamente vedere la luce. Deve farsi memoria del presente, racconto di vita, finanche gesto di riconoscenza nei confronti di una ragazza che, se i giornali la stanno raccontando giusta, ha preferito la povertà, l’alienazione sociale, la solitudine, la sofferenza, la morte, alla vita futile. Si è fatta eroina e Cristo dei tempi, oltre le parole e la vanagloria del mondo!

C’è qualcosa di narrativamente grande in questa sua esistenza che va incorniciato: speriamo davvero che l’editoria italiana decente faccia la sua parte. Sennò, siamo qui!

Rina Brundu