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Democrazia giudiziaria?

250px-Bernard_Law_Montgomerydi Michele Marsonet. Forse è solo un caso, e può anche darsi che il sottoscritto si lasci troppo affascinare dal “complottismo” che è da sempre popolare nel nostro Paese. Eppure a un occhio attento non possono sfuggire dei fatti di per sé sin troppo evidenti.

Dopo l’incontro tra Renzi e Berlusconi, le susseguenti critiche feroci – con annesse alcune dimissioni – dell’attuale minoranza del PD, e la velocità con cui il sindaco di Firenze si sta muovendo per realizzare due o tre riforme fondamentali, la magistratura ha subito riguadagnato il centro della scena.

Un fuoco di fila immediato, tale da far impallidire perfino il celebre bombardamento senza tregua grazie al quale l’artiglieria del generale inglese Bernard Law Montgomery ridusse in polvere le postazioni dell’Asse a El Alamein, portando poi gli Alleati alla vittoria nel Nord Africa.

Un paragone azzardato? Mica tanto se ci si pensa bene. E’ bastato il segnale che qualcosa si stava finalmente muovendo, e che forse si poteva trovare il modo per far uscire la politica italiana dalla palude in cui sta sempre più sprofondando, per mostrare dove sta il potere vero. E non importa che sia solo potere d’interdizione: spesso, come accade nel calcio, vince chi impedisce all’altro di giocare.

Per un po’ dei giudici s’era parlato poco rispetto alle abitudini nazionali, ma era solo la quiete che annuncia la tempesta. E’ stato sufficiente, come notavo poc’anzi, un segnale forte di ripresa dell’iniziativa da parte di alcuni politici per mettere in campo tutti i mezzi disponibili atti a bloccare ciò che si prospetta.

Credo che pure i magistrati vogliano un cambiamento, ma ovviamente non è questo. Quale sia con tutta franchezza non saprei dire. Lascio ad altri, più brillanti e intuitivi di me, il compito di fornire risposte plausibili.

E’ chiaro che la discesa in campo della magistratura è la vera risposta ai mutamenti prospettati. Giacché le dimissioni di alcuni esponenti PD contano poco considerati i rapporti di forza nel partito e la convergenza con altre forze politiche, per nulla affini ideologicamente ma concordi nella volontà di superare l’attuale stallo.

Ovviamente ancor meno contano sul piano pratico le innumerevoli geremiadi comparse su giornali e social network. Sono interessanti per l’analista politico, dal momento che testimoniano una spaccatura profonda a sinistra. Una volta si sarebbe parlato dell’interminabile lotta tra riformisti e massimalisti, ma non so fino a che punto tali termini siano compatibili con lo scenario odierno.

In ogni caso ancora una volta i giudici hanno riconquistato il pallino e può darsi siano in grado di determinare davvero il futuro corso delle vicende italiane. Aggiungo che a mio avviso non è “tutta” la magistratura a essere coinvolta, ma solo una sua parte. Guarda caso, però, e come è sempre avvenuto in precedenza, è proprio quella parte a dettare la linea.

A me viene spontanea una domanda assai semplice. Così stando le cose, perché non assegnare direttamente ai magistrati, oltre al potere che loro compete, anche quello esecutivo e legislativo? Così ci togliamo il fastidio con la sicurezza di ritrovarci, finalmente, in mani sicure e fidate.

C’è tuttavia un problemino. Nessuno dei magistrati che si sono dati alla politica raggiungendo posizioni di vertice ha fornito prove, non dico buone, ma almeno decenti. Il più famoso di tutti ha fondato un partito poi affondato in scandali di ogni tipo, a livello nazionale e locale.

E allora? Allora niente. Se continua così ci toccherà ancora uno stallo interminabile, a meno che i politici più accorti riescano a riconquistare il centro della platea. Qualcuno ci sta provando, e non resta che augurargli buona fortuna.

Featured image, Bernard Law Montgomery.